Il Porto di Napoli nel contesto regionale, nazionale ed europeo

Da quando la nomina del Presidente dell’Autorità Portuale (AP) di Napoli è bloccata, ossia da due anni, i riflettori si sono accesi su quella che dovrebbe essere la più grande industria della città. Fondi europei persi, progetti di riqualificazione bloccati, problemi atavici come quello del dragaggio dei fondali si accavallano indistintamente: ma di cosa parliamo, esattamente, quando ci riferiamo al Porto di Napoli? Quale ente lo governa e in che contesto regionale, nazionale ed europeo va inserito?

E’ necessario cominciare a definire in primis i confini del Porto di Napoli, regolato dall’Autorità Portuale, ente di governo del territorio portuale. Infatti, contrariamente a quel che si possa pensare, il Porto di Napoli non è “solo” quello che sorge innanzi piazza Municipio. La sua circoscrizione è molto più grande, e si estende per circa 20 km lungo la linea di costa cittadina, da La Pietra (Pozzuoli) a Pietrarsa (Portici). L’area strettamente portuale della città di Napoli è di circa 4 km e va, senza soluzione di continuità, da Vigliena al Molosiglio. Sono sotto la giurisdizione della AP di Napoli anche il porto di Castellamare di Stabia (con Marina di Stabia per le imbarcazioni da diporto), il porto di Mergellina, l’area di Bagnoli (con la relativa colmata) ed i lidi balneari presenti a Posillipo, Marechiaro e Bagnoli/Coroglio.

L’Autorità Portuale è un organismo dotato di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia amministrativa. Ha funzioni finanziarie, di bilancio e amministrative. La gestione patrimoniale e finanziaria dell’Autorità Portuale è disciplinata da un regolamento di contabilità approvato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT), di concerto con il Ministero del Tesoro.

Camera - Porto di Napoli mappa

Immagine 1: La mappa del Porto di Napoli

Qualche dato [1]

  • Superficie totale specchio acqueo: 2.660.000 mq.
  • Superficie totale a terra: 1.426.000 mq.
  • Approdi: 75
  • Fondali: fino a 15 metri di profondità (minimo: 5 metri; media profondità: 8/9 metri)
  • Numero di accessi: 2, larghi 250 e 300 m.
  • Strade all’interno dell’area portuale: 3 km.
  • Binari all’interno dell’area portuale: 1,8 km.
  • Passeggeri/anno lato traghetti (isole del Golfo, isole maggiori, altre destinazioni, dati al 2013): 5.756.822
  • Passeggeri/anno crociere (dati al 2014): 1.113.762 (1.175.033 nel 2013 à -5,5%)
  • Numero approdi navi da crociera (dati al 2014): 399 (440 nel 2013 à -10,3%)
  • Traffico container (dati al 2014): 431.682 TEU [2] (477.020 nel 2013 à -9,5%)

Il contesto nazionale ed internazionale

Il Porto di Napoli è uno dei principali porti italiani, ed è ubicato sul corridoio Trans-Europeo (TEN-T) Helsinki-Palermo (in rosa).

TEN-T Europa

Immagine 2: La rete TEN-T europea

Dei nove corridoi individuati in Europa, quattro interessano l’Italia, ed in particolare i porti italiani: questo perché, per ridurre i costi energetici e le emissioni di gas serra, è più conveniente alimentare i mercati continentali da Sud [3]. Pertanto, il successo del progetto TEN-T è strettamente legato all’efficienza strutturale e organizzativa dei porti italiani.

TEN-T Italia

Immagine 3: Il dettaglio delle reti TEN-T per l’Italia

L’Italia, per volume traffico merci, è terza in Europa, dopo Olanda e Gran Bretagna, ma prima della crisi del 2008 questo traffico è cresciuto in maniera inferiore rispetto alla media europea, principalmente per tre motivi, così identificati in uno studio sulla portualità italiana elaborato dal Dipartimento per la Programmazione ed il Coordinamento della Politica Economica, pubblicato nel 2011 [4]:

  1. I porti italiani risultano essere più piccoli per superficie, in particolare se confrontati a quelli del Nord Europa, nonostante il rapporto tra superficie per la movimentazione delle merci e il numero container movimentati è pari;
  2. Le operazioni portuali (sdoganamento, movimentazione merci, imballaggi e consegne)in Italia sono più lente, soprattutto se paragonate a quelle dei porti spagnoli;
  3. Infine, i porti italiani presentano i costi più elevati dell’intero bacino del mediterraneo, soprattutto se comparati a quelli del Nord Africa, che sono fra l’altro in forte espansione infrastrutturale (Tangeri in Marocco, Enfidha in Tunisia, Port Said in Egitto).

Il contesto regionale

Napoli, come e forse più di altri porti italiani, presenta tutte e tre queste principali criticità. Inoltre, la situazione del sistema portuale campano è molto frammentata. La regione può contare su quattro porti: due (Napoli e Castellamare) sono gestiti dalla stessa AP, mentre Salerno e Torre del Greco rispondono ad altre autorità. Inoltre, a pochi chilometri l’uno dall’altro, insistono due interporti (Nola e Marcianise), anch’essi rispondenti a diverse società. Per quanto riguarda i collegamenti, una linea ferroviaria unisce Napoli con Nola, un’altra connette Torre Annunziata con Marcianise (attualmente inattiva), ed infine i due interporti sono a loro volta collegati da una terza linea. Risulta invece sprovvisto di collegamenti ferroviario il porto di Salerno. Da segnalare come il collegamento fra Napoli e Nola sia molto complesso, in quanto il fascio di binari in uscita dal porto si trova ad incrociare la direttrice ferroviaria Nord-Sud (da Napoli verso Salerno, per poi proseguire verso Reggio Calabria).

Porti Campania

Immagine 3: La situazione della portualità in Campania (porti, interporti, collegamenti ferroviari)

Per quanto riguarda le caratteristiche proprie dei porti, Napoli e Salerno presentano spazi molto limitati, e allo stato attuale non prevedono l’attracco di grandi navi (bisognose di fondali attorno ai 18 metri). Lo stesso vale, ovviamente, per Torre Annunziata. Castellamare è invece focalizzato sulla cantieristica di grandi dimensioni (Fincantieri) e sulla nautica da diporto (Marina di Stabia – www.marinadistabia.it).

Principali problematiche inerenti al Porto di Napoli

Il Porto di Napoli, nel suo tratto principale (Vigliena-Molosiglio), presenta le seguenti criticità:

  • Dragaggi. I fondali del porto sono soggetti ad un forte insabbiamento, e la normativa circa i dragaggi è molto restrittiva ed a tratti confusionaria per la presenza di più attori competenti. In particolare, si risente della scarsa comunicazione fra gli uffici competenti del Ministero dell’Ambiente e di quelli del MIT. Inoltre, l’intero sedime portuale è classificato come SIN [5], il che rende estremamente costose e complesse le operazioni di dragaggio. Tuttavia, considerato che le più moderne navi container necessitano di un pescaggio di circa 18 metri, e che invece la darsena container di Levante presenta una profondità massima di 14 metri (con la media dei fondali del Porto di Napoli che si aggira sui 8/9 metri), appare chiaro come sia necessario procedere con celerità a tali operazioni;
  • Spazio limitato e diversificazione delle funzioni. Il Porto di Napoli, schiacciato tra il mare e la città, non ha ulteriori possibilità di espansione, il che ne limita fortemente lo sviluppo (stesso discorso vale per Torre Annunziata e Salerno). Gli spazi dedicati alle attività di retroporto sono assai limitati, ed attualmente nell’area del porto insistono contemporaneamente attività legate al petrolio, alla cantieristica, alla movimentazione container, al traffico commerciale generale e a quello passeggeri (da dividere fra traffico crocieristico e di passeggeri “standard”, ossia aliscafi e traghetti per le isole del Golfo, e traghetti per le isole maggiori). In particolare, le attività legate alla movimentazione container, alla cantieristica e ai petroli occupano grandi superfici generando relativi introiti rispetto alle superfici occupate. Questo mix di spazi ristretti e diversificazione delle attività causa una situazione di confusione, dove ogni attività influisce negativamente sulle altre. Una possibile soluzione potrebbe essere la creazione di un porto franco, con la delocalizzazione delle attività doganali (che rallentano le operazioni di trattamento delle merci, oltre ad occupare spazio) presso gli interporti di Nola e Marcianise. Inoltre, il sistema portuale campano, nei porti in particolare di Napoli, Torre Annunziata e Salerno, presenta funzioni ridondanti. Destinando ogni porto ad una, o poco più, specifiche funzioni, si razionalizzerebbe il sistema e si libererebbero importanti dotazioni in termini di spazio;
  • Connessioni ferroviarie. La mancanza di spazi adeguati inficia i necessari progetti di potenziamento del collegamento ferroviario, quest’ultimo colpito da una difficile interconnessione con la rete ferroviaria. Infatti, per come il nodo ferroviario di Napoli è strutturato, i binari in uscita dal porto si trovano ad incrociare frequentemente altre direttrici. Detto in altri termini: i treni merci in uscita dal porto sono generalmente diretti agli interporti di Nola e Marcianise, quindi verso nord. Tuttavia, è complesso far uscire treni merci (generalmente molto lunghi e pesanti, in quanto trasportanti container) su un binario unico, che deve poi intersecare le affollate direttrici ferroviarie che vanno da Napoli verso sud (Salerno, Reggio Calabria, etc.).
  • Attività di diporto. A Napoli e provincia vi è un’enorme richiesta per posti barca, sia di piccole dimensioni che per grandi yacht. Attualmente, l’unica struttura degna di nota è Marina di Stabia a Castellamare. Le possibilità di espansione dell’offerta sono notevoli: si va dal previsto porto turistico di Bagnoli, all’ampliamento di quello di Mergellina, fino a Porto Fiorito, ossia il porto turistico di Vigliena – tutti rientranti nelle competenze dell’AP di Napoli. Tuttavia, come è risaputo, i citati progetti sono bloccati per le più diverse ragioni:
    • Bagnoli per lo stallo politico-amministrativo ben conosciuto;
    • Mergellina per la mancanza d’intraprendenza delle amministrazioni competenti, le quali dovrebbero apertamente contrastare l’attuale “casta” degli ormeggiatori e per problemi con la Sovraintendenza, che si oppone ad ogni modifica del litorale, promuovendo così uno status quo che, nei fatti, avvantaggia gli irregolari;
    • Porto Fiorito-Vigliena per complessità legate alle procedure di bonifica dei fondali, e per complessità burocratiche che hanno portato il soggetto attuatore (la Porto Fiorito S.p.A.) ad uno scontro con il Comune di Napoli. In particolare, giova ricordare che il progetto di Vigliena è forse quello che tocca più da vicino il Porto di Napoli, in quanto il sedime di Porto Fiorito è contiguo a quello della darsena di Levante. Pertanto, è doveroso analizzare nel dettaglio il progetto, che prevede principalmente tre fasi:
      1. La creazione di una banchina per barche da diporto, contigua alla darsena di Levante;
      2. Il recupero dell’area industriale ex-Corradini per le attività di retroporto;
      3. La delocalizzazione della stazione ferroviaria FS San Giovanni/Barra esattamente all’ingresso del porto, così da assicurare un rapido collegamento su ferro con Napoli città attraverso i treni della Linea 2 (Pozzuoli-Gianturco).

Attualmente, le maggiori criticità sulla realizzazione di questo progetto sono:

      1. Sul versante banchina, la necessità della bonifica del sedime di porto, operazione complessa per le sopracitate ragioni legate ai SIN;
      2. Sul versante retroporto, il reperimento di finanziamenti per il recupero urbanistico dell’area ex-Corradini. A tal proposito, il Comune di Napoli è risultato assegnatario di 20 milioni di fondi nazionali grazie al Piano Città [6], promosso dal MIT all’epoca del Governo Monti, e finalizzato a sbloccare rapidamente progetti cantierabili ma bloccati. Tuttavia, fonti interne del MIT riferiscono che il Comune è prossimo al definanziamento di tale assegnazione, poiché risulta in ritardo sul cronoprogramma di spesa;
      3. Sul versante collegamento ferroviario, invece, la nuova stazione ferroviaria San Giovanni-Barra è stata aperta nell’autunno 2014. I treni della Linea 2 si attestano ora in questa stazione, effettuando il servizio San Giovanni/Barra-Pozzuoli. Si è così al paradosso che le Ferrovie, note per i tempi “rilassati” nei lavori, hanno completato le opere di loro competenza prima di quelle spettanti agli altri enti. Risulta ancora incompleto il parcheggio di interscambio a servizio del fabbricato viaggiatori. Il rischio, nel complesso, può essere un sotto-utilizzo di una stazione molto più ampia della precedente, in quanto pensata a servizio di un importante polo turistico come Porto Fiorito avrebbe dovuto rappresentare.
  • Riqualificazione delle zone d’imbarco per le isole. Negli anni passati, si è operato una felice operazione di recupero della monumentale Stazione Marittima, costruita nel 1936 ed adibita a terminal crociere. Altrettanto, purtroppo, non si può dire del recupero della stazione marittima destinata agli imbarchi degli aliscafi per le isole. Il progetto, elaborato dall’architetto francese Michel Euvé assieme a diversi studi di progettazione napoletani, è fermo dal 2003, anno della sua approvazione. Esso prevede la riqualificazione dell’intera area monumentale del Porto di Napoli fino allo splendido Molosiglio (ora ancora proprietà della Marina Militare), ed è complementare all’unico progetto in atto nell’area del porto, ossia il collegamento porto-metropolitana attualmente in avanzata fase di realizzazione da parte del Consorzio Metropolitana di Napoli S.p.A. Il progetto, curato dagli architetti Alvaro Siza ed Eduardo Souto de Moura, prevede l’interscambio delle linee metropolitane 1 e 6 con il Porto di Napoli, realizzando nell’antistante piazza Municipio un ampio spazio urbano pedonale. Nell’imponente scenario del Maschio Angioino, la città riscoprirà la sua storia: all’interno delle due stazioni e dei collegamenti con il porto, i vasti corridoi saranno arricchiti dai notevoli reperti archeologici emersi negli scavi. Imbarcazioni sommerse dell’antico porto greco-romano, edifici sacri di epoca bizantina, fortificazioni medievali si sovrapporranno senza soluzione di continuità, rivelando una stratificazione complessa e avvincente e regalando così ai turisti in arrivo a Napoli una insuperabile panoramica sulla sua millenaria storia.
  • Autorità Portuale e spesa dei fondi europei. Le lotte fra Comune, Regione e MIT hanno portato, si sa, al ritardo della nomina del nuovo Presidente della AP. Ciò, complice l’insipienza della Regione sulla gestione dei fondi europei in generale, ha comportato nei fatti l’arenamento dei programmi cofinanziati da fondi europei, che dovranno esser riprogrammati sul prossimo ciclo di fondi 2014-2020. Il che significa, in parole povere, ipotecare prima ancora che si entri nel vivo della spesa dei nuovi fondi, diverse centinaia di milioni di Euro. Un peccato che grida vendetta, soprattutto in un periodo storico di così scarse risorse pubbliche disponibili. Secondo il sito OpenCoesione, sull’area del Porto di Napoli insistono i seguenti programmi:

Il totale è da far tremare i polsi: 317 milioni di Euro di fondi comunitari di cui si è, letteralmente, persa ogni traccia.

Il nuovo “Piano strategico nazionale della portualità e della logistica” (art. 29 Sblocca Italia)

Di fronte a questo contesto regionale di frammentazione delle funzioni e confusione amministrativa, è da accogliere positivamente il tentativo di riordino del sistema portuale italiano, secondo quanto previsto dall’art. 29 della Legge 164 dell’11 novembre 2014, di conversione del Decreto Legge n. 133 dell’11 settembre 2014 “Sblocca Italia”, che ha disposto l’adozione del “Piano strategico nazionale della portualità e della logistica“, dando così il via alla definizione di un documento operativo che ha la finalità di indicare una prospettiva di sviluppo sulla base di chiari obiettivi strategici e indicare le azioni concrete per raggiungerli.

Il nuovo piano della portualità si propone infatti di (fra parentesi, gli aspetti utili al caso Napoli e Campania):

  • Promuovere la specializzazione delle realtà portuali e la razionalizzazione del sistema di governance (ridondanza funzioni Napoli-Salerno-Torre Annunziata)
  • L’integrazione dei porti con i “distretti logistici” (mancanza spazi retroporto e necessità di maggiori connessioni con Nola e Marcianise);
  • La creazione di sinergie tra attori chiave appartenenti al settore pubblico (problema nomina Presidente AP e gestione progetti europei, sui quali insistono diversi attori):
  • Rimozione dei cosiddetti “colli di bottiglia” infrastrutturali (potenziamento del collegamento ferroviario Napoli-Nola e riattivazione di quello Torre Annunziata-Marcianise).

Attualmente, l’elaborazione del “Piano strategico nazionale della portualità e della logistica” è quasi in linea con la tempistica prevista dallo “Sblocca Italia”. In particolare, dopo aver proceduto alla raccolta e alla vagliatura dei suggerimenti arrivati da tutti gli stakeholders dell’universo portuale italiano (autorità portuali, associazioni di categoria, Ferrovie dello Stato, ENI, etc.), e dopo l’importante momento di confronto pubblico rappresentato dagli Stati Generali della Portualità e della Logistica (Roma, 9 febbraio 2015), il MIT, di concerto con l’advisor individuato attraverso apposito bando pubblico (Ernst & Young), è prossimo alla consegna della prima bozza. Tuttavia, è probabile che i recenti sviluppi giudiziari riguardanti alti dirigenti amministrativi e politici del MIT possano causare una battuta d’arresto a questo processo, costringendo così il Porto di Napoli a perdere altro tempo, mai come oggi prezioso.

Per maggiori informazioni:

Note:

[1] Dati tratti dal sito dell’Autorità Portuale di Napoli

[2] L’unità equivalente a venti piedi o TEU (acronimo di twenty-foot equivalent unit), è la misura standard di volume nel trasporto dei container, e corrisponde a circa 40 metri cubi totali

[3] Michele Cuomo, Antonio Mariniello, Luigi Piemontese, Antonio Mariniello, 
Rilancio del Sistema Portuale Campano. Studio di Pre-Fattibilità, Università di Napoli Federico II – Centro interdipartimentale di ricerca Laboratorio di Urbanistica e Pianificazione Territoriale “Raffaele d’Ambrosio” (L.U.P.T.), 2014, p. 4

[4] Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per la Programmazione ed il Coordinamento della Politica Economica, Iniziativa di studio sulla portualità economica, 2011, disponibile sul sito: http://www.programmazioneeconomica.gov.it/2014/10/01/iniziativa-di-studio-sulla-portualita-italiana/

[5] I Siti di Interesse Nazionale, o SIN, rappresentano delle aree contaminate molto estese classificate come pericolose e necessitanti di interventi di bonifica. I criteri d’individuazione di un SIN sono stati definiti dal decreto legislativo 22/1997 (decreto Ronchi).

[6] Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Decolla il Piano Città, 17 gennaio 2013 (http://www.mit.gov.it/mit/site.php?p=cm&o=vd&id=2404)

 

(Articolo pubblicato per conto della testata giornalistica QdN – Qualcosa di Napoli e disponibile al seguente LINK)

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