Il caso dei treni della metropolitana di Napoli Linea 6, spiegato bene

Nei giorni scorsi, sulle maggiori testate nazionali è circolata una notizia secondo la quale sulla costruenda metropolitana Linea 6 di Napoli non potrebbero circolare treni di nuova concezione, quindi diversi da quelli già disponibili. La notizia è diventata virale, attirando anche commenti di firme blasonate del giornalismo italiano. Tuttavia, i conti non tornano. Come stanno realmente le cose?

E’ questo il tipico caso di un problema giusto, ossia quello del completamento di una linea metropolitana ferma da anni e del relativo acquisto di nuovi treni, sollevato però in un modo errato, per una serie di semplificazioni giornalistiche che non hanno aiutato a comprendere la vicenda nel dettaglio. Andiamo, dunque, con ordine, chiarendo in primis di cosa parliamo quando citiamo la Linea 6 della metropolitana di Napoli.

L’attuale configurazione nasce dalle ceneri di un progetto risalente agli anni ’80, denominato Linea Tranviaria Rapida (LTR): una metrotranvia, in parte sotterranea ed in parte a livello stradale, che doveva fungere da collegamento veloce verso la zona dello Stadio San Paolo, in vista dei Mondiali di Italia ’90. Il progetto, realizzato solo in minima parte, naufragò sotto i colpi di problemi tecnici e di Tangentopoli. Durante la sindacatura di Antonio Bassolino (1993-2000) si decise di recuperare i segmenti già costruiti, e continuare lo sviluppo in sotterranea, creando così una metropolitana leggera, che collegherà la zona ovest della città (quartiere Fuorigrotta) con il centro storico, attestandosi a piazza Municipio, prospiciente il porto, dove avverrà l’interscambio con la Linea 1, creando un sistema metropolitano integrato e completo a servizio della città. A regime, sarà lunga 5,5 km e conterà otto stazioni, di cui quattro (Piazzale Tecchio, Lala, Augusto, Mergellina) sono state inaugurate nel 2007, salvo poi essere chiuse al pubblico nel 2013 per carenza di traffico passeggeri sufficiente e di personale della società di gestione, l’Azienda Napoletana Mobilità (ANM).

Il tracciato della metropolitana Linea 6 di Napoli

La linea nella sua interezza è realizzata secondo i criteri di qualità architettonica che hanno già ispirato la “sorella maggiore” di quest’infrastruttura, vale a dire la Linea 1, celebre ormai in tutto il mondo per le stazioni progettate da grandi archistar internazionali. In particolare, le quattro fermate attualmente in costruzione sono firmate da architetti del calibro di Hans Kollhoff (Arco Mirelli), Boris Podrecca (San Pasquale), Uberto Siola (Chiaia), Alvaro Siza & Eduardo Souto de Moura (Municipio). Si prevede che la linea sarà operativa nella sua interezza fra il 2019 ed il 2020: contestualmente all’apertura della nuova tratta, sarà ripristinata anche quella ora chiusa. I lavori sono curati dall’Ansaldo, in quanto concessionaria dell’opera, mentre al Consorzio MN – Metropolitana di Napoli S.p.A., guidato dal prof. Ennio Cascetta, è affidata la progettazione e l’esecuzione delle opere civili.

Nonostante i lavori in atto, la linea non disporrà nell’immediato futuro di un deposito treni definitivo. Attualmente, ve ne è solo uno temporaneo, ubicato a piazzale Tecchio. Questo spazio funge da officina e rimessa degli attuali sei treni, che sono i vecchi mezzi ordinati ai tempi del progetto della Linea Tranviaria Rapida, realizzati da Firema ed Ansaldo. Treni che hanno circa 30 anni e misurano 25 metri, rispetto agli standard attuali che prevedono convogli di 39 metri.

E’ bene chiarire che una linea, per operare al pieno della sua capacità, ha bisogno di un deposito definitivo, che possa fare da luogo di ricovero per una flotta ampia. Infatti, poco spazio nel deposito = pochi treni = meno margine in caso di guasti di vettori = frequenza non adatta ad una metropolitana = stazioni e treni più affollati. 

Corollario: treni più “corti” = meno passeggeri caricati = più passeggeri rimasti a terra in attesa del prossimo convoglio = stazioni e treni più affollati. 

Un’equazione micidiale per gli utenti.

Solo lo scorso 22 dicembre 2017, il CIPE, grazie all’opera del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio, ha sbloccato i fondi per realizzare il deposito della Linea 6 in via Campegna, nell’area dell’ex Arsenale Militare. Un progetto molto vecchio, risalente alla gestione di centrosinistra della Regione Campania fra il 2000 ed il 2010.

A questa realizzazione, che prevede tempi lunghi, andrebbe associata con urgenza una gara per bandire l’acquisto di nuovi treni, adatti ad una linea che, in futuro, si preveda possa toccare gli oltre 100.000 passeggeri al giorno. Un’ipotesi di nuovi treni sono quelli consegnati da Hitachi Rail Italy alla metropolitana di Genova: una linea che, per una serie di caratteristiche tecniche, si può considerare “gemella” di quella napoletana (maggiori info sui nuovi treni genovesi cliccando qui).

Bandire una gara per acquistare i treni è un processo lungo e complesso: vi sono tempi di aggiudicazione, gli eventuali ricorsi da discutere, e poi i fisiologici tempi di consegna dei mezzi. Non è una questione che si chiude in pochi giorni, come gli utenti della Linea 1 ben sanno: solo il 9 novembre 2017 il Comune di Napoli ha firmato, dopo oltre due anni (il bando era del 31 agosto 2015), il contratto per i nuovi treni su questa tratta, che dunque non entreranno in servizio prima di metà 2019.

Dunque, ci sono due aspetti da considerare sulla vicenda della Linea 6: da un lato, il completamento delle infrastrutture a servizio della linea (come il deposito, oltre al necessario tronchino di manovra); dall’altro, l’acquisto di nuovi treni, che non avrebbero alcun problema né a circolare nei tunnel, né ad essere calati nel deposito temporaneo di piazzale Tecchio, a differenza di quanto erroneamente è stato scritto.

Infatti, tale deposito temporaneo ha un tetto rimovibile, attraverso il quale vengono sollevati/calati i treni nel caso necessitino di operazioni di manutenzione più importanti, e che quindi non possono essere effettuate in una struttura precaria. Il diametro di tale tetto è inferiore ai 30 metri: da qui la polemica sul non poter far transitare treni di nuova concezione (lunghi 39 metri), che risulta infondata in quanto i treni possono essere smontati, calati e poi assemblati in sotterranea.

Come si è visto, il problema non è far arrivare nel deposito temporaneo treni nuovi da 39 metri, anche se rappresenta un’operazione molto complessa ed onerosa. Bensì, il tema vero è che non vi sarebbe neanche lo spazio per ospitare nel deposito attuale il numero sufficiente di vetture per operare un servizio decente, stimato in circa 15 treni contro gli attuali 6 disponibili.

Dunque, quando la Linea 6 aprirà nella sua interezza, il quadro è quello che prospetta Maurizio Manfellotto, amministratore delegato di Hitachi Rail Italy, in un’intervista del febbraio 2017: “treni affollatissimi, corse saltate, servizio a singhiozzo”. Tuttavia, vi è il necessario tempo per correggere in corsa tali problematiche, contando, si spera, nella collaborazione istituzionale per un più rapido accesso ai fondi.

Segno tangibile dell’attenzione del Governo verso quest’opera sarà la presenza di Graziano Delrio all’inaugurazione delle aree esterne della stazione San Pasquale, nel cuore del quartiere Chiaia. Infatti, mercoledì 24 gennaio 2017, alle ore 11:00, la piazza, gentilmente adagiata fra due splendidi giardini come la Villa Comunale ed il museo di Villa Pignatelli, sarà riconsegnata alla città, dopo circa dieci anni di cantieri. Ad accompagnare il Ministro vi sarà l’architetto sloveno Boris Podrecca, progettista della stazione, oltre al Sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, ed il Presidente del Consorzio MN, Ennio Cascetta. E’ questa la prima inaugurazione che caratterizza la Linea 6 dall’apertura della tratta Mostra-Mergellina, nell’ormai lontano 2007.

Una giornata che intende anche spostare nuovamente l’attenzione dei media su quel che rappresenta il vero valore aggiunto di un’opera del genere: l’elevata qualità architettonica delle stazioni; la restituzione di spazi alla città (basti pensare all’area pedonale della stazione Lala, la struttura elicoidale della stazione Chiaia che collegherà Monte di Dio con le vie sottostanti, o, per l’appunto, la piazza riconfigurata della stazione San Pasquale); il recupero di un’infrastruttura come quella della ex LTR, penalizzata da un periodo buio della politica italiana, e riportata a nuova vita, grazie ad un inserimento in un discorso collettivo di ridisegno della rete su ferro napoletana, in una sorta di project review ante litteram.

Tutti questi aspetti non hanno purtroppo impedito l’inseguire una cosiddetta “fake news”, ripresa anche sulle prime pagine di importanti testate nazionali. Per la prima volta da anni, i progetti relativi alla metropolitana di Napoli sono comparsi in chiave negativa sui media, mortificando le tante maestranze che portano avanti un lavoro di grande capacità ingegneristica, fra mille problemi tecnici, burocratici e finanziari. Un’opera che non si è mai fermata, indipendentemente dalle stagioni, mutevoli, della politica italiana.

La qualità del progetto non deve però oscurare i tanti problemi che oggi attanagliano la Linea 6. Restano sul piatto i punti critici legati alla gestione: infatti, anche se vi fossero i già citati treni nuovi e deposito, non vi sarebbe il personale ANM per mettere in funzione la linea, nonché le risorse economiche per effettuare il servizio da parte di un’azienda che ha richiesto il concordato preventivo, essendo sull’orlo del fallimento. La ciliegina sulla torta è che riattivare le stazioni attualmente complete, ma chiuse al traffico dal 2013 (Piazzale Tecchio, Lala, Augusto, Mergellina), ha un costo notevole: gli impianti deperiscono, gli intonaci si staccano, e così via. Uno sforzo economico tanto più elevato, considerato che queste versano nell’incuria, come un drammatico reportage della redazione napoletana de “La Repubblica” ha mostrato: basti pensare che qualche giorno fa l’ingresso della stazione Lala ha preso fuoco per opera di ignoti, nel silenzio più totale dei giornali locali.

Vi è poi un altro grande tema che caratterizza il futuro non solo della Linea 6, ma dell’intera città: il prolungamento verso Bagnoli, la cui pianificazione definitiva esiste dal 2009, commissionata e già pagata dallo stesso Comune (all’epoca a guida Iervolino), e che purtroppo giace in un cassetto. Il progetto, elaborato dallo studio Hitaka, si svilupperebbe in sotterranea per circa 3 km e tre stazioni, rendendo così finalmente accessibile un’area che, ad oggi, risulta irraggiungibile. E’ infatti chiaro come non vi possa essere un vero sviluppo dell’area ex Italsider senza che questa sia accessibile rapidamente ed in modo sostenibile dai cittadini. Solo così Napoli potrebbe riappropriarsi di questo pezzo di città, troppo a lungo negato, e da troppo tempo, nei fatti, abbandonato, nonostante i buoni propositi, per ora solo su carta, di Invitalia e delle diverse cabine di regia, che non sono state in grado di produrre una soluzione definitiva sul portare una linea su ferro a Bagnoli.

Un altro pezzo di città, splendido ma irraggiungibile, è il quartiere di Posillipo: secondo uno studio ad opera del Consorzio MN, sarebbe possibile un prolungamento della Linea 6 dal sopracitato deposito di via Campegna. L’attuale finanziamento del CIPE prevede la predisposizione, all’interno del fascio dei binari da realizzare, per un eventuale prolungamento. Anche questo “baffo”, oltre a quello di Bagnoli, avrebbe la funzione capitale di rendere vivibile una zona ora fortemente penalizzata dalla cronica carenza del trasporto su gomma.

Come si è visto, i temi per un possibile dibattito sulla Linea 6 della metropolitana di Napoli sono tanti e diversificati: dalla gestione delle stazioni future al recupero dell’esistente, dalla chiusura dei cantieri all’acquisto dei nuovi treni, dai possibili prolungamenti alla realizzazione delle necessarie infrastrutture a servizio del metrò. Dunque, non vi deve essere spazio per inutili allarmismi, o per temi giusti ma sollevati in modo errato. E’ certamente compito della politica dare delle risposte, ma al contempo è dovere del giornalismo porre le giuste domande. Possibilmente, che queste siano formulate in modo competente ed attento, nel rispetto di tutti: cittadini (e lettori) in primis.

 

(Articolo pubblicato per conto della testata giornalistica QdN – Qualcosa di Napoli e disponibile al seguente LINK, nonché per la rivista Mobility Press Magazine, e disponibile al seguente LINK – pagine da 10 a 13)

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