La necessità di far ripartire il Progetto Sirena

Nel luglio 2014, un fregio di un palazzo della Galleria Umberto di Napoli si staccò, uccidendo un ragazzo di 14 anni. Pochi giorni dopo, calcinacci piovvero anche dalla Galleria Principe di Napoli.

A cinque anni di distanza, il 16 aprile 2019, un pezzo di un altro stabile, sempre nel centro storico, cadendo ferisce un turista tedesco di 17 anni, per fortuna senza letali conseguenze.

Dopo soli due mesi, sabato 8 giugno 2019, in un weekend affollatissimo di turisti, un commerciante nonché padre di famiglia muore sul colpo, travolto da un cornicione mentre era sull’uscio della sua bottega di via Duomo: una morte orribile.

Si dirà che la gestione dei palazzi privati non è competenza del Comune di Napoli.

Ebbene, non è proprio così.

Infatti, nel 2002 la giunta comunale guidata da Rosa Russo Iervolino, lanciò un’innovativa società in sinergia fra pubblico e privato: il progetto Si.Re.Na., che nei soli primi quattro anni d’attività ha contribuito a recuperare 20.000 palazzi della città. Ventimila: non so se si rende bene l’idea della numerica immensa, che grazie all’immissione di fondi pubblici ha permesso l’instaurarsi di un circolo virtuoso, in cui stabili privati venivano messi in sicurezza e l’edilizia, invece di puntare su nuove edificazioni e sul consumo di suolo, si concentrava sul recupero dell’esistente, dando lavoro a tantissime maestranze.

QUI è disponibile un report dettagliato del progetto e degli stabili ristrutturati al 2006: ben 15 anni prima di concetti come open data, il Comune a guida Iervolino metteva a disposizione di tutti i cittadini un resoconto affidabile e chiaro di quanto fatto. Neanche oggi, nell’epoca dei social che tutto controllano, vi è una chiarezza simile da parte di Palazzo San Giacomo.

Ad ogni modo, se a 15 anni di distanza il panorama dei palazzi napoletani non è del tutto simile a quelli abbandonati di tante città d’Italia, soprattutto quelle del Meridione con reddito pro capite più basso, si deve al coraggio di quella fondamentale iniziativa di prevenzione.

Andate per strada a Palermo, o a Reggio Calabria, o a Bari: alzate gli occhi, e notate la differenza con molte zone di Napoli. Il progetto Si.Re.Na. fu un’operazione geniale quanto faraonica che ha consegnato alle generazioni future una città più bella.

Eppure, il tempo passa, i fattori ambientali così come quelli socioeconomici influiscono sulla manutenzione del patrimonio immobiliare. La crisi ha eroso la classe media, impoverito i ceti più popolari, con la conseguenza che si spende di meno per le ristrutturazioni. Poi, i cambiamenti climatici, ora più che mai, ci portano il conto di fenomeni metereologici sempre più violenti, con venti sempre più forti, piogge sempre più intense, calore sempre più soffocante: tutti elementi che portano ad un’usura più rapida delle facciate e degli elementi murari degli stabili.

Sarebbe dunque necessario ipotizzare un “ritorno al futuro“, ricominciare con il preoccuparsi del recupero dei palazzi, immettendo liquidità nel sistema. E’ necessario far ripartire Si.Re.Na. senza esitare un attimo, ovviamente aggiornandolo ai tempi che corrono.

Anche questo è “farsi amministrazione” della città, perché in ultima analisi il Sindaco è responsabile della salute dei propri cittadini, affinché nessuno più muoia per caso, in un assolato weekend d’inizio estate, lasciando una famiglia distrutta.

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