Nel Paese dei medici pensionati richiamati in servizio, è campano il più giovane camice bianco d’Italia

“Il giovane cammina più veloce dell’anziano, ma l’anziano conosce la strada”, recita un vecchio andazzo. Nella fattispecie, la strada è quella verso l’ospedale di C­ampobasso, dove lo scorso marzo l’Azienda Sanitaria Regionale del Molise (ASREM), al fine di far fronte alla carenza di personale, ha dovuto richiamare in servizio diversi medici andati in pensione. Al contempo, in quei giorni iniziava a lavorare, proprio nell’ospedale del capoluogo molisano, il più giovane medico strutturato d’Italia in forze al Servizio Sanitario Nazionale (SSN), il dott. Aldo Rocca di Napoli.

Succedono anche questi paradossi nell’Italia del tasso di disoccupazione al 10,2%, in un’Europa con una media del 6,5% e dove solo Grecia e Spagna fanno peggio di noi. Non va meglio nel segmento 25-34, ossia la fascia d’età storicamente indicata come quella di passaggio dallo studio al lavoro: secondo l’ISTAT, nel 2018 sono rimasti a casa il 15,9% di questi “giovani adulti”, con picchi nel Meridione del 27,8%, mentre al nord va decisamente meglio (8,8%).

Nonostante questi numeri impietosi, si fa difficoltà perfino a reperire dei medici: professione che, nell’immaginario collettivo, dovrebbe essere una delle poche a garantire ancora la certezza di lavorare. L’episodio molisano non è tuttavia un caso isolato: secondo il settore Funzione Pubblica della CGIL, anche in FriuliPiemonte e Veneto si stanno richiamando pensionati in corsia, mentre in Toscana si è deciso di puntare ad una linea molto più giovane, ricorrendo ai neolaureati non ancora specializzati da impiegare nei pronto soccorso tramite contratti libero professionali di “formazione lavoro”.

Appare chiaro come inserire nuovamente nel SSN dei pensionati, o puntare su medici freschi di laurea da formare “in itinere”, siano due facce dello stesso problema, ossia il non riuscire ad addestrare il necessario numero di giovani per rimpiazzare chi va in pensione. L’Associazione Nazionale Aiuti e Assistenti Ospedalieri (ANAAO), il maggior sindacato di medici e dirigenti del Paese, ha evidenziato in uno studio presentato a marzo come già oggi vi siano circa 10.000 posti scoperti da medico specialista. Tale forbice si allargherà ulteriormente negli anni a venire: infatti, secondo EUROSTAT, l’Italia è il paese dell’Unione Europea con la maggiore percentuale di medici con più di 55 anni, circa il 54%. Ciò significa che in un orizzonte temporale verosimilmente breve avverrà un massiccio processo di pensionamento (aiutato anche da leggi come la recente “Quota cento”), che porterà, sempre secondo lo studio ANAAO, ad un saldo negativo fra medici attivi e posti liberi pari a circa 16.700 unità entro il 2025.

Tuttavia, la penuria di camici bianchi (ben spiegata in quest’articolo de Il Postnon è diffusa in maniera uniforme sul territorio nazionale, come sottolinea il dott. Pierino Di Silverio, responsabile nazionale di ANAAO Giovani, in forze all’ospedale Cardarelli di Napoli. Infatti, se già oggi in Veneto mancano all’appello 1.700 posti, in Campania i recenti concorsi fatti per rimpolpare le fila di ASL e nosocomi, dopo dieci anni di blocco del turn-over, non sono stati sufficienti a coprire tutte le piante organiche, e ben 700 medici aspettano ancora di essere stabilizzati – come lo stesso Di Silverio, che è uno dei numerosi precari della sanità.

Questa situazione a macchia di leopardo dimostra come per un giovane fresco di formazione, magari delle regioni del Sud, sia spesso necessario emigrare al fine di non bloccare sul nascere il suo percorso lavorativo. In questo senso, la storia individuale del giovane Aldo Rocca insegna molto sia a chi, più giovane, vuole intraprendere questa carriera, sia a chi oggi ricopre cariche in grado di incidere sui percorsi formativi e lavorativi.

A vederlo senza camice, il dott. Rocca sembra un ragazzo come tanti, e probabilmente, se non ci fosse la sua carta d’identità a testimoniare il fatto che sia nato nel 1988, lo si scambierebbe per uno studente prossimo alla laurea. Invece, come detto, Aldo è il più giovane medico strutturato d’Italia del Servizio Sanitario Nazionale. Un record per la Campania, un esempio da raccontare poiché racchiude, nel suo piccolo, le potenzialità ma anche i drammi della nostra regione, del Meridione, del Paese intero.

Infatti, il dott. Rocca per lavorare ha dovuto, come tanti suoi pari, lasciare Napoli. Il viaggio, almeno stavolta, è stato breve: è in forze all’ospedale “Antonio Cardarelli” di Campobasso, una città che ha un legame antico con il capoluogo partenopeo. Non è un caso che ad Antonio Cardarelli (1831-1927, medico, cattedratico e senatore del Regno d’Italia) siano dedicati sia il celebre nosocomio napoletano, città dove il dottore svolse la maggior parte della sua attività professionale, che il più importante ospedale del Molise, terra natia di Cardarelli.

Ora, le strade si sono invertite, per Aldo come per tanti medici campani. Al fine di maturare anzianità nel SSN, ci si allontana da Napoli, cercando di cogliere ogni occasione lavorativa possibile, che sono costantemente poche, come dimostrato dallo studio ANAAO. Del resto, il giovane dott. Rocca è un esempio di come tempo non se ne possa perdere, neanche se ci si dedica ad una professione che, almeno nell’immaginario collettivo, è una delle poche a garantire ancora la certezza di lavorare.

Laureato nel 2012 in cinque anni ed una sessione con 110, lode e menzione, Aldo ha iniziato nel 2013 la specializzazione in chirurgia generale presso il Policlinico dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, portata a termine con una tempistica perfetta esattamente cinque anni dopo, nel 2018. Fra gli anni di studio e quelli della specializzazione, il dott. Rocca ha arricchito il suo curriculum di esperienze in altre strutture partenopee, come l’azienda ospedaliera Santobono-Pausilipon, l’ospedale San Paolo, l’Istituto Nazionale Tumori per i Tumori “G. Pascale” ed il centro di biotecnologie dell’ospedale Cardarelli.

Tuttavia, la formazione di un ragazzo del suo tempo non sarebbe completa senza l’affacciarsi ad altri mondi: da qui, i periodi passati presso l’ospedale di Rennes (Francia) al fine di approfondire la chirurgia epatica, poi ad Arezzo per focalizzarsi sulla chirurgia robotica (che segnerà il futuro di questa professione), ed infine un periodo milanese, in strutture quali il celebre San Raffaele e l’Humanitas. Nel mezzo, la firma di molti lavori accademici, la partecipazione a decine di convegni, l’attivismo nella sezione giovanile campana dell’ANAAO.

A fine specializzazione, comincia a lavorare come libero professionista presso la clinica Padre Pio di Mondragone, controllata dell’ospedale convenzionato Pineta Grande di Castelvolturno (Caserta), centro di eccellenza per diverse chirurgie, in particolare quella epatica. Ad inizio 2019, vince il concorso per il Cardarelli di Campobasso, dove si trasferisce a marzo. Oltre alla normale attività chirurgica, Aldo collabora anche con l’Università del Molise (dove insegna chirurgia generale per le professioni sanitarie ed è cultore della materia di chirurgia oncologica) e con l’Università di Salerno (dove è assistente nei corsi di anatomia). Il 29 maggio 2019, è eletto alla guida della sezione molisana di ANAAO Giovani. La sua prima uscita da Segretario Regionale è per commentare l’ultima proposta dell’ASREM che, per far fronte alla penuria di personale, oltre a richiamare i pensionati in servizio vorrebbe impiegare i medici dell’esercito nelle corsie degli ospedali civili, a dimostrazione di come la mancanza di dottori sia un tema pressante quanto drammatico.

La storia del più giovane medico del Sistema Sanitario Nazionale è anche la storia di un’Italia a due velocità, di un Paese dove la professione medica è messa in dubbio, precarizzata. E’ la fotografia di terre che formano ragazzi poi costretti ad emigrare verso regioni che hanno maggiore disponibilità economica per potenziare servizi ed assumere medici – e quindi offrire ai propri cittadini cure migliori rispetto ad altre parti d’Italia, innescando un circolo vizioso difficile da spezzare. Una situazione che non potrà che acuirsi con la proposta di regionalismo differenziato portata avanti dall’attuale governo, e che vede l’ANAAO Giovani contraria, in quanto condurrebbe soltanto ad allargare un solco già enorme fra le varie sanità locali.

Al contempo, in un sistema dove si fatica a formare il sufficiente numero di medici, tanto – troppo – è ancora affidato alle volontà dei singoli. Il percorso formativo del dott. Rocca non è la normalità: rappresenta un’eccezione, una punta di diamante fatta di intraprendenza individuale e dalla fortuna di aver incontrato sulla propria strada i “maestri” giusti, sempre con uno spirito propositivo e l’energia per affrontare nuovi orizzonti, anche lontano da casa. Tuttavia, allontanarsi per poter dare finalmente uno sbocco lavorativo ad un lungo processo formativo dovrebbe rappresentare una scelta, e non una necessità – per i medici come per tante altre categorie.

Il SSN, che l’anno scorso ha compiuto i suoi primi quarant’anni, è, nel complesso, un grande esempio di equità sociale, un sistema pubblico di carattere universalistico rispondente appieno ai dettami dell’art. 32 della Costituzione, che vede nella salute dei cittadini sia un diritto fondamentale dell’individuo che una priorità per l’intera comunità nazionale. Tuttavia, rischia di ammalarsi anch’esso se non si innesca una sana dialettica generazionale, dove il giovane prende il posto dell’anziano, raccogliendo un ideale testimone di responsabilità, e continuandone il famoso giuramento d’Ippocrate. La storia di Aldo Rocca rappresenta in piccolo come le cose dovrebbero essere: l’auspicio è che presto, da positiva eccezione, divenga per tanti una splendida normalità.

Per approfondire:

 

(Articolo pubblicato per conto della testata giornalistica QdN – Qualcosa di Napoli e disponibile al seguente LINK)

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