Il trasporto pubblico è l’anello debole nella lotta al Coronavirus

Lo sapevamo tutti, ed è puntualmente successo. Quel che da mesi era annunciato – lo sgangherato sistema dei trasporti pubblici delle città d’Italia come anello debole nella lotta al Coronavirus – si è avverato al primo freddo, contestuale alla riapertura delle scuole. Ora la domanda è: si poteva fare di più? Nelle condizioni date, la risposta, probabilmente, è no.

A chi non ha memoria corta, le foto dei treni delle metropolitane, delle ferrovie suburbane, dei tram e dei bus stracolmi, in particolare a Roma e Napoli, non sono una novità. Scene di vita quotidiana, odissee senza nessuna Penelope a tessere le fila di una più efficiente programmazione, ma anzi una folla di Proci (sindacati complici, politica distratta, management spesso con scarsa “visione”) a minare il tanto agognato ritorno a casa dell’Ulisse pendolare.

Tempi attesa Linea 1 (2017.07.02)

Luglio 2017: nella stazione della metropolitana Linea 1 di piazza Vanvitelli, a Napoli, il tabellone segna un tempo d’attesa pari a mezz’ora. A riprova che i problemi di oggi vengono da lontano

Il rischio del circolo vizioso inquinamento = diffusione del COVID

E’ del 29 settembre 2020 la conferma definitiva dello studio condotto dalla Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) che dimostra come la diffusione del COVID sia favorita da un’alta concentrazione di polveri sottili: proprio quelle che avvolgono la Pianura Padana, che ha pagato un prezzo altissimo in termini di vite umane durante la prima ondata. Su queste pagine, lo scorso 28 aprile, si era visto come le regioni più inquinate d’Europa erano anche quelle più colpite dal Coronavirus. Il rischio del circolo vizioso era dietro l’angolo: più paura del contagio, meno ricorso al mezzo pubblico, maggiore utilizzo del mezzo privato, aumento dell’inquinamento, maggiore trasmissibilità del virus.

2020.10.15 - Metro Milano, 11 ottobre 2020

Milano, 11 ottobre 2020: le banchine stracolme della fermata Duomo della metropolitana

Poi, è arrivata la fine del lockdown, l’estate, il progressivo calare dei casi, e per qualche mese l’Italia, così come l’Europa, si è dimenticata del virus. In quel frangente di calma andava immaginata la ripartenza, che si sapeva avrebbe messo alla prova il sistema dei trasporti pubblici. Tutta l’estate il Paese si è interrogato sui banchi monoposto o sui divisori in plexiglass fra studenti, terrorizzato dall’inizio delle scuole. Al suonare della prima campanella, l’incantesimo si è rotto, e ci si è ritrovati a guardare negli occhi il vero problema, ossia quel che facciamo per andare da un punto A ad un punto B: muoverci.

Il rispetto dei protocolli sanitari, infatti, si può osservare quando si entra in un teatro, in un cinema, in una scuola o un negozio. Dov’è che viene meno? Quando si è letteralmente uno sull’altro, e questo in Italia e nel mondo avviene solo in tre luoghi: nei bar della movida, facendo sport, e nei mezzi pubblici. Tuttavia, se nelle prime due categorie la vicinanza fisica è inevitabile, nel terzo caso non dovrebbe essere così. Eppure, l’affollamento rappresenta una costante dei mezzi pubblici italiani, che si pensava avrebbero retto meglio in una situazione che – ricordiamolo – vede ancora tanti lavoratori in smart working. Il rischio di un ulteriore circolo vizioso, che si va a sommare a quello prima illustrato, è una realtà: chi può, evita di prendere mezzi pubblici, contribuendo ad aumentare l’inquinamento, che favorisce la diffusione del virus. Chi invece alternative di mobilità non ha – e sono tanti – affolla bus e metro, sempre negli stessi orari di punta, con un alto rischio di contagio, che poi si trasla nelle scuole, negli uffici, e così via.

L’importanza della programmazione nel TPL

Purtroppo, nella programmazione dei trasporti non esistono soluzioni di breve periodo. Se si è in grado di attuarle (ad esempio, attivando navette sostitutive in caso di un guasto ad una linea) è perché prima, molto prima, si è programmato per tempo. Si è pensato, si è deciso, si è investito le giuste (spesso ingenti) somme. Ogni cosa, in questo campo, ha tempi più dilatati, più complessi, più stancanti (per tutti: aziende, lavoratori, utenti). Per governare il trasporto pubblico serve visione, passo lungo, sapere che una politica darà i suoi frutti nel medio-lungo termine, e volontà – nonché fermezza – nell’investire somme ingenti per portarla avanti, anche a costo di non incassare un dividendo politico, perché nella programmazione del trasporto è essenziale non pensare alla prossima elezione, ma alla prossima generazione. All’attuale caos COVID, dunque, non si può trovare soluzione nella chimera di più treni o più autobus, perché, semplicemente, non ci sono e non ci saranno.

Se non vi è una maggiore disponibilità di mezzi, la risposta di breve periodo a questa crisi risiede per forza in una nuova organizzazione della società. E’ necessario scaglionare gli ingressi negli uffici, nelle scuole, nei negozi. Probabilmente, andrebbero dilatati gli orari di apertura dei servizi al cittadino, come banche, poste, uffici dello Stato, per permettere una vita il più vicina alla normalità, non bloccando l’economia, ma con tempi necessariamente più rilassati. E’ un lavoro enorme, che coinvolge ministeri, sindacati, categorie produttive, le regioni. Guardando gli orari d’ingresso di scuole e uffici, l’impressione è che si sia demandato il problema alle volontà dei singoli, senza una vera visione di sistema. Solo in queste ore il Governo sta correndo ai ripari, sentendo le Regioni. Viene dunque spontaneo chiedersi: non ci si poteva pensare prima?

Metro Roma, 11 ottobre 2020

Roma, 11 ottobre 2020: un pienissimo treno della metropolitana Linea A

Nel mentre, a far fronte alla situazione ci deve pensare lo sgangherato sistema dei trasporti nostrano. Le cinque principali società di trasporto pubblico locale (TPL) che operano in due delle maggiori città del Paese (Roma e Napoli) nell’ultima decade sono state più volte vicine al fallimento. Se per COTRAL (nel Lazio) ed EAV (in Campania) sono intervenute le rispettive regioni con notevoli immissioni di denaro pubblico, puntellando l’assetto societario e gli investimenti ma migliorando marginalmente il servizio, ATAC (a Roma città), ANM (a Napoli città) e CTP (nella provincia partenopea) se la passano decisamente peggio. Certo, non tutto è perso, e le prospettive di medio-lungo periodo, almeno a Napoli, sono incoraggianti, come ricordato sempre su questo sito lo scorso 8 settembre. Tuttavia, è un dato che fa riflettere che due delle maggiori aree urbane del Paese, che sommate toccano i 7,5 milioni di persone (il 12% dell’intera popolazione italiana) non possano strutturalmente contare su un efficiente rete di trasporti.

Quattro motivi per promuovere un ciclo industriale completo basato sul TPL

A giugno 2021 si voterà sia a Roma che a Napoli: appare chiaro che il tema trasporti sarà centrale. La pandemia rappresenta l’occasione giusta per rilanciarlo, perché promuovere il TPL rappresenta oggi uno dei modi più efficaci per affrontare i problemi che presentano le aree urbane. Investire nella promozione del trasporto pubblico, inoltre, è non solo una necessità legata a questioni sanitarie, ambientali o di qualità della vita, ma anche ad aspetti industriali. Secondo Nicolas Blain, responsabile delle relazioni internazionali e degli affari europei del gruppo francese Régie autonome des transports parisiens (RATP, ossia l’azienda che gestisce il trasporto pubblico di Parigi), i benefici della promozione di un ciclo industriale completo basato sul TPL possono essere così individuati:

  1. il TPL è un importante vettore d’occupazione (settore nel quale sono oggi impiegati in Europa circa 2 milioni di persone). Si tratta di posti stabili sul territorio, non delocalizzabili e quindi non soggetti ai “ricatti” dell’economia di mercato. Inoltre, sono posti “verdi”, in quanto direttamente responsabili della diminuzione dell’uso di vetture private. Infine, sono posti di lavoro che richiedono, il più delle volte, un alto livello di specializzazione, spingendo dunque ad aumentare il livello formativo della forza lavoro;
  2. pochi settori come quello del trasporto collettivo sono in grado di rivitalizzare l’economia, soprattutto le filiere legate a settori storicamente in crisi, come la metallurgia e la metalmeccanica. Infatti, per ogni autobus, tram o metropolitana acquistati e/o realizzati, si dà respiro ad aziende costruttrici di treni, bus e/o sistemi di segnalamento;
  3. la qualità del trasporto collettivo è un fattore d’attrattiva unico per le metropoli europee, sia per attrarre turisti, che nuovi abitanti e/o lavoratori. Il trasporto collettivo incide profondamente sulla pianificazione urbanistica, economica, sociale, e anche sulla qualità della vita dei cittadini, con fattori come la puntualità, la regolarità, la frequenza ed il tempo di viaggio;
  4. Lo sviluppo del TPL rappresenta un fattore d’innovazione chiave, stimolando la spesa per ricerca e sviluppo delle aziende, che sono alla costante ricerca di soluzioni innovative capaci di coniugare costi minori con maggiore efficienza e minori consumi sia dei mezzi che delle infrastrutture dedicate al TPL.

Metro Napoli, 8 ottobre 2020

Napoli, 8 ottobre 2020: un treno delle linee flegree gestite dall’EAV, che soprattutto la mattina vanno in sofferenza 

La pandemia in corso ha probabilmente dimostrato una volta e per tutte che il TPL è un fattore chiave di rivitalizzazione economica e sociale delle città, grazie ad un ciclo economico e sociale completo. Tuttavia, in Italia il tema è stato lungamente relegato ai margini del dibattito pubblico, e solo con il Ministro Delrio (in carica nel triennio 2015-2018) si è osservata un’importante inversione di pensiero e di tendenza che ci sia augura possa proseguire in futuro, tanto più che ora il tema è cruciale nella lotta al Coronavirus.

Porsi le giuste domande e applicare le corrette azioni

Per ora, non resta dunque che sperare in una migliore organizzazione della società, perché non c’è cavalleria che correrà ad aiutarci sulle rotaie o corsie preferenziali. Inoltre, è necessario porsi le giuste domande: ad esempio, perché da anni non si possono aprire i finestrini sui mezzi di nuova concezione? Siamo sicuri che affidarsi ai soli filtri dell’aria, qualora non siano paragonabili a quelli degli aerei (dove, infatti, si viaggia a pieno carico fin da metà dello scorso giugno, e che alcune compagnie ferroviarie vogliono adottare) sia una buona idea? Forse, fra le altre cose, come scrive The Atlantic lo scorso 30 luglio, dovremmo parlare anche di ventilazione, assecondando meno le scelte dei produttori. Il trasporto pubblico può essere uno dei luoghi più sicuri di questa pandemia, se si osservano alcune regole come indossare la mascherina e non parlare. Infatti, se ben sanificati e arieggiati, i mezzi pubblici sono COVID-free, come illustrato in questo articolo della britannica Sky News, e ripreso dall’ottimo sito di informazione di settore Cityrailways.com.

Certo, il presupposto è che non siano stracolmi, spesso di persone che non hanno alternative al mezzo pubblico, per gli elevati costi che la mobilità privata (auto, motorini) presenta. Una politica che progetti per tempo reti efficienti di trasporto, con mezzi puliti e frequenti, restituisce non solo sicurezza sanitaria, ma anche dignità alle fasce più deboli della popolazione. Non sarebbe bellissimo se, dalla tragedia del Coronavirus, uscissimo con un sistema sanitario e trasportistico più solido, per un’Italia finalmente altezza del XXI secolo? Ai prossimi Sindaci delle maggiori città d’Italia e ai loro Assessori il compito di rispondere a questa cruciale domanda.

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