Le intitolazioni a Maradona e il tanto che resta da fare

Pochi eventi hanno unito il mondo come la morte di Diego Armando Maradona. Dalle file interminabili fuori la sua camera ardente in Argentina, alle parole del Presidente francese Emmanuel Macron sul sito ufficiale dell’Eliseo (con alcuni passaggi, molto belli, dedicati ai napoletani), fino agli altarini improvvisati in suo onore eretti nella Siria distrutta dalla guerra. Cristiani, musulmani, atei, popolazioni del Nord e del Sud del mondo, tutti uniti da una trascendente fede nel pallone e nel suo Dio, anzi D10S. Eppure, non vi è dubbio che, dopo la sua terra natale, il luogo in cui si è pianto di più è stato sicuramente Napoli.

Nei giorni di lutto seguiti alla scomparsa del campione, l’unica zona rossa è stata quella attorno allo stadio, dove rojo era il colore delle centinaia di fumogeni accessi in sua memoria, come dei lumini votivi a grandezza naturale. Le recinzioni del San Paolo sono state travolte da magliette, sciarpe, fiori, striscioni: un muro azzurro che ricordava, per ampiezza e spontaneità, quelli in onore di Lady Diana nel 1997, forse l’unica figura ad aver commosso il mondo in modo paragonabile a quanto accaduto con Maradona. Stadio San Paolo, fumogeni rossi

26 novembre 2020: lo stadio San Paolo illuminato da centinaia di fumogeni rossi in memoria di Maradona (foto di Simone La Rocca)

La reazione di noi tutti è stata spontanea, ed è vero che in tante case si respirava quella tristezza tipica della scomparsa di un caro amico di famiglia. Neanche il tempo di metabolizzare un lutto così grande, che è subito cominciata la partita politica delle intitolazioni. Nel giro di pochi giorni, ben tre strutture della città hanno cambiato nome, costringendo a un super lavoro la Commissione Toponomastica del Comune di Napoli, che passerà alla storia, oltre che per le intitolazioni a Maradona, anche per decisioni quali la creazione di “viale Beatles” (esisterà davvero, e sarà al Vomero). Tuttavia, molto resta da fare affinché i luoghi dedicati a Maradona siano realmente all’altezza della memoria di un così grande campione: vediamo perché.

Lo stadio San Paolo

Unanime è stato il coro che invocava di cambiare il nome del luogo dove un bravo calciatore di nome Diego è diventato un imperituro Dio del pallone di nome Maradona. Nessuno si è però domandato, a parte Luigi Vicinanza in un bell’articolo per Repubblica, perché questa struttura portasse il nome di un Santo come Paolo, e non ad esempio quello del patrono cittadino, Gennaro. Leggenda narra che Paolo di Tarso (questo il vero nome del Santo) non fosse credente, ma mentre si recava a Damasco sia stato illuminato dalla luce del Signore. Dunque, la nota espressione “folgorato sulla via di Damasco” viene dalla storia di uno dei Santi più importanti della cristianità, e ciò fa di Fuorigrotta, il luogo dove San Paolo sbarcò per arrivare in Europa dalla nativa Turchia con lo scopo di evangelizzare l’Impero Romano, un luogo cruciale per la tradizione della Chiesa. Da qui, la dedica dello stadio, realizzato nel 1959.

Tuttavia, “il popolo lo vuole”, e quindi sabato 7 dicembre 2020 arriva l’ufficialità: il San Paolo diventa “Stadio Diego Armando Maradona”. Si spera che col nuovo nome arrivino anche ulteriori lavori: la struttura, grazie ai fondi regionali delle Universiadi 2019, ha indubbiamente cambiato faccia rispetto a qualche anno fa. Nuovi sediolini, illuminazione più potente, una pista d’atletica azzurro mare, perfino i bagni sono diventati decenti. Eppure, tanto resta da fare. Lo stadio è al centro di un ormai decennale confronto fra la Società Sportiva Calcio Napoli e il Comune, che è ente proprietario. La querelle ha bloccato decisioni importanti, quali la demolizione del terzo anello, chiuso da anni, e il destino della copertura in metallo, realizzata per i Mondiali di Italia ’90 e che funge da enorme “diapason” per il quartiere circostante, con i suoi piloni conficcati direttamente nel terreno che amplificano le già importanti vibrazioni registrate durante le partire, quando decine di migliaia di persone saltano contemporaneamente: una situazione che andrebbe sanata, sia per questioni di sicurezza, che di rispetto per gli abitanti della zona, piegati da trent’anni di scosse telluriche ogni domenica.

Piazzale Tecchio

Dalla visione a volo d’uccello di Google Maps emerge chiaramente come sia urgente un’opera di riqualificazione dell’area attorno allo stadio San Paolo 

Se, grazie alle Universiadi, è stato recuperato l’interno dello stadio, è ancora tutto da immaginare il recupero degli spazi esterni, a partire dalla facciata dell’impianto, nonché del piazzale circostante, segnato da un poco lungimirante disegno del noto architetto Pica Ciamarra, realizzato per gli ormai famigerati Mondiali. Il piazzale è principalmente adibito a parcheggio, anche perché quelli sotterranei dello stadio, da cui si potrebbe comodamente accedere dal sottopasso di via Claudio, sono chiusi da decenni: così, quando il Napoli gioca, un intero quartiere soffoca, con auto parcheggiate in ogni dove. Infine, per le esangui casse comunali, la proprietà e la gestione della struttura è forse un lusso che non ci si può più permettere. Sarebbe dunque bello pensare che lo stadio Maradona diventasse il centro di un progetto organico fra Comune e Società Sportiva, restituendo alla cittadinanza un impianto e un piazzale ripensati per essere all’altezza del XXI secolo, nonché del campione cui è ora dedicato uno dei più maestosi campi di calcio d’Italia.

La stazione Mostra della Linea 6

Al problema mobilità durante le partite potrebbe in parte porre rimedio l’importante dotazione su ferro che contraddistingue l’area dello stadio, servita dalla stazione Campi Flegrei delle Ferrovie dello Stato (con la Linea 2 del servizio ferroviario metropolitano), la stazione Mostra della Cumana e l’omonima stazione della Linea 6, inaugurata nel 2007 ma chiusa, al pari dell’intera linea, da fine 2011 per mancanza di traffico e per consentire all’ente gestore, l’Azienda Napoletana Mobilità (ANM), eternamente in affanno di personale, di dirottare i lavoratori su altri impianti in città per garantirne la funzione. Nella stazione Mostra, il Comune di Napoli ha deciso di installare in apposite teche le memorie lasciate dai tifosi (sciarpe, disegni, striscioni, foto, ecc.) lungo il perimetro del San Paolo, rendendo così la fermata una specie di museo intitolato a Maradona.

Stadio San Paolo, oggetti per Maradona

Le recinzioni dello stadio San Paolo riempite di oggetti in memoria di Maradona, che verranno custoditi nella stazione Mostra della Linea 6. Sullo sfondo, si nota come l’impianto sia bisognoso di interventi

Del progetto, alquanto estemporaneo, si sa poco. Sarà interessante però vedere come si inserirà fra le opere in bianco e nero di uno dei maggiori fotografi italiani, Gabriele Basilico, le pitture d’arte povera della torinese Marisa Merz, o i mosaici di Costantino Buccolieri sulla base di bozzetti lasciati da Mario Sironi, fra i più grandi artisti italiani del Novecento: tutte opere che impreziosiscono la stazione Mostra, che fa parte del più ampio progetto del metrò dell’arte, al pari dell’intera Linea 6. Un’infrastruttura la cui parziale conclusione dovrebbe avvenire entro il 2023, con l’apertura del segmento che va da piazza Municipio a Mergellina, e la riattivazione della tratta che da quest’ultima giunge a Mostra. Tuttavia, sul futuro della Linea 6 da anni regna una tale confusione da ingenerare, a inizio 2018, la fake news che i tunnel della costruenda metropolitana fossero troppo piccoli per ospitare treni di nuova generazione.

Leggende metropolitane (è proprio il caso di dirlo) a parte, restano tanti i nodi da sciogliere per garantire la funzionalità della Linea 6. Una riguarda proprio la fermata Mostra: è bene notare che Napoli è l’unica città d’Italia, assieme a Milano, dove è possibile arrivare allo stadio con la metropolitana. Tuttavia, nel capoluogo meneghino, per evitare che i treni del metrò vengano presi d’assalto a fine partita, è stato installato un avveniristico sistema di filtraggio dei passeggeri, che scagliona l’ingresso in stazione. Ciò sarebbe tanto più prezioso in epoca COVID per evitare assembramenti, ma purtroppo, pur essendo la stazione chiusa, non si è pensato di dotare la fermata di questo sistema.

Stazione San Siro, Linea 5 Milano

Milano, stazione San Siro della Linea 5: i tornelli per il filtraggio dei passeggeri. Sullo sfondo, lo storico impianto calcistico che da il nome alla fermata

Vi è poi il fondamentale tema della realizzazione di un deposito per i treni: ve ne è solo uno, temporaneo, proprio nell’area antistante la Mostra d’Oltremare. Oltre al deposito, servono nuovi treni: quelli in uso sono tram revampizzati di ormai trent’anni fa, inadatti a un servizio frequente. Se la linea non sarà dotata per tempo di simili interventi, è verosimile che, fin dal primo giorno d’esercizio, non si potranno garantire corse sufficienti, con l’effetto che puntualmente avviene oggi sul tratto Dante-Garibaldi della Linea 1: banchine troppo affollate di passeggeri per poter sopperire con corse sporadiche. Infine, la Linea 6 dovrebbe essere la metropolitana a servizio della vicina area di Bagnoli: a tal proposito esiste un progetto definitivo già pagato e approvato dal Comune di Napoli durante la sindacatura di Rosa Russo Iervolino, su cui però la giunta De Magistris, negli ultimi dieci anni, non si è espressa, al pari delle altre questioni che condannano già da ora un’infrastruttura costata miliardi di Euro a essere inefficiente fin dal primo giorno in cui verrà inaugurata.

La stazione Mostra della Cumana

Al Comune di Napoli che dedica alla memoria di Maradona lo stadio e una stazione del metrò, risponde la Regione Campania, attraverso l’Ente Autonomo Volturno (EAV) che gestisce la stazione Mostra della linea Cumana. Per un’incredibile coincidenza, in quest’ultima era già da tempo in corso la realizzazione di un enorme murales, composto da 130 pannelli, che in circa 330 metri quadrati ripercorre l’intera storia della Società Sportiva Calcio Napoli, la quale ha collaborato alla realizzazione. L’opera, unica nel suo genere in Italia, ha visto la partecipazione anche della Camera di Commercio, di Inward (l’Osservatorio Nazionale sulla Creatività Urbana) e dell’Archivio Fotografico Riccardo Carbone, che ha fornito le foto d’epoca da cui gli autori del murales (Biodpi, Fabrizio De Luca e Nicholas Perra) hanno tratto ispirazione per la loro creazione, inaugurata sabato 6 dicembre 2020 alla presenza di Aurelio De Laurentiis, Presidente del Napoli, e dell’acquisto più costoso della storia del club, l’attaccante nigeriano Victor Osimhen.

Stazione Cumana, murales Maradona

Parte del murales nella stazione Mostra della Cumana dedicato alla storia del Napoli calcio

Nel corso della gestione di Umberto De Gregorio, l’EAV ha già visto numerose stazioni riqualificate attraverso opere di street art sulla propria vasta rete (più di 300 km per 150 fermate): qualcosa di lodevole che aumenta la percezione positiva degli spazi. Tuttavia, le linee flegree più che ferrovie sono vere e proprie linee metropolitane, fondamentali per la mobilità a Napoli: basti pensare che, fra Cumana e Circumflegrea, ben 15 delle 30 stazioni totali servono il territorio cittadino. Anche per tale motivo, alle linee flegree, forse più che ad altre infrastrutture, serve una nuova prospettiva, qualcosa che vada oltre la somma di singoli interventi, che pure si sono realizzati. Una visione che spazi dal recupero delle stazioni (non solo coi murales…), alla sostituzione di tutto il materiale rotabile, alla realizzazione di più fermate, all’ammodernamento dei sistemi di segnalamento, a sistemi di informazione all’utenza degni di tal nome, all’installazione di tornelli e barriere che le rendano inaccessibili a chi non ha un biglietto (vedasi tanti esempio in Europa, in primis Parigi e Londra), fino al completamento della sfida più importante: la realizzazione sull’intera tratta del doppio binario, che consenta finalmente di avere frequenze degne di una metropolitana, la categoria di servizio cui le linee flegree dovrebbero tendere, e che non a caso era per loro stata immaginata ai tempi della “cura del ferro” con Ennio Cascetta Assessore Regionale ai Trasporti. In questo senso, si potrebbe e si dovrebbe trarre ispirazione dal progetto presentato da RATP Italia per il recupero della Roma-Lido, una ferrovia che, per caratteristiche tecniche e territori serviti, è assolutamente sovrapponibile alle linee flegree.

Stazione Piscinola, saracinesca

Un piccolo esempio di intermodalità negata: la saracinesca abbassata nella stazione di Piscinola che divide l’area di competenza comunale (ANM) da quella regionale (EAV)

Parte di quanto elencato è già in corso di realizzazione, ma si ha l’impressione che siano interventi scollegati, e non pezzi di un puzzle che, quando completato, dovrebbe restituire ai cittadini un’infrastruttura finalmente del XXI secolo. La stessa mancanza di coordinamento che si percepisce nel rapporto fra aziende di trasporto: da anni, a Napoli non esiste più un “sistema unico” dei trasporti, ma la somma di tante aziende. Vi sono anche testimonianze fisiche di questa affermazione: le barriere in vetro innalzate nella fermata Montesanto per dividere i flussi fra la funicolare (gestita da ANM) e le linee flegree (gestite da EAV), o la saracinesca spesso abbassata nel centro dell’atrio della fermata Piscinola, che divide la Linea 1 (gestita da ANM) e la linea Arcobaleno (gestita da EAV). Anche nella fermata Mostra vi è un collegamento diretto fra Cumana (gestita da EAV) e Linea 6 (gestita da ANM): ad ora è chiuso, perché ferma è, come detto, la Linea 6. E’ auspicabile che un domani, al pari di altri passaggi, questo venga riaperto, come è auspicabile superare gli steccati aziendali, e cominciare ad adottare logiche di sistema che mettano i passeggeri, e non gli orticelli delle singole aziende, al centro delle politiche regionali di trasporto.

Le intitolazioni nella città dei trasporti dimenticati

Parafrasando un famoso detto napoletano, si potrebbe affermare: hai voglia a mettere rum sulle strutture intitolate a Maradona. Tradotto, tanto resta da fare, in primis nella mentalità politica e gestionale. Fa infatti impressione pensare che, nei giorni della corsa del cambio nomi, l’ANM sia un po’ più vicina al fallimento, al punto da spingere i sindacati dell’azienda a una storica dichiarazione congiunta con il Partito Democratico, la principale forza politica d’opposizione in consiglio comunale. Un risultato simbolico importante ottenuto dal Segretario Marco Sarracino, e che evidenzia un dato cruciale: la situazione dell’azienda è talmente grave che non si può più attendere, se è vero che ad ANM mancano 20 milioni a causa di mancati introiti per la crisi COVID, e che a questi si sommano ben 18 milioni di tagli previsti nel bilancio comunale 2021. In queste condizioni, si mina pesantemente il duro percorso di risanamento portato avanti a partire dal 2016, rischiando di non garantire più il servizio di trasporto.

Davanti a questi dati, non stupisce constatare come sia passata sotto silenzio l’ennesima vandalizzazione di una fermata del celebre metrò dell’arte. Dalle pagine di Repubblica, Stella Cervasio parla della stazione Materdei, dove versano in stato di abbandono le opere di Sol LeWitt, artista americano esposto nei maggiori musei d’arte contemporanea mondiali (fra questi, il MOMA di New York, la Tate Modern di Londra, e il Centro Pompidou di Parigi). Il discorso può essere esteso all’intera fermata di Quattro Giornate, o alle pensiline della stazione Dante, o al controsoffitto crollato nella fermata Salvator Rosa, e si potrebbe continuare. E’ indubbio che il mantenimento di infrastrutture di trasporto, che sono al contempo veri e propri musei, sia difficile quanto oneroso. Tuttavia, è doveroso immaginare per queste stazioni, che il mondo ci invidia, un automatismo gestionale che permetta di far fronte a questi inconvenienti, in luogo di inseguire una perenne spettacolarizzazione della cultura.

La responsabilità di celebrare un nome

Un concetto di cui la sindacatura De Magistris ha fatto ampio uso come nel caso della cittadinanza onoraria, di cui si è ormai svilito il senso: infatti, dalla proclamazione della Repubblica fino al 2011, anno di insediamento di De Magistris, vi sono state solo 11 cerimonie di tale genere. Invece, negli ultimi dieci anni, si è assistito ad uno show continuo, con ben 28 cittadinanze assegnate (il triplo che nei precedenti 60 anni), fra le quali vanno ricordate quelle a personaggi del mondo del calcio come Gökhan Inler, Kalidou Koulibaly e Rudy Krol; personalità dello spettacolo come Ferzan Ozpetek, Alessandro Gassman, Alberto Angela; personalità politiche controverse, come Salvatore Borsellino o il leader curdo Ocalan. Senza nulla levare alla caratura delle persone in questione e dei loro successi nei rispettivi campi, appare chiaro che lo strumento della cittadinanza onoraria è stata l’occasione di montare un eterno show per cercare di distrarre l’opinione pubblica dai problemi reali di Napoli e dei napoletani.

Stazione Cumana, murales Maradona, particolare

Diego Armando Maradona ritratto sulle pareti della stazione Mostra della Cumana

Anche Maradona è cittadino onorario di Napoli, dal luglio del 2017: dedicargli strutture così importanti nella città che l’ha reso grande è comprensibile sia politicamente che umanamente. Tuttavia, resta la necessità di una visione e di uno sforzo più ampio, come larga era la visione del 10 sul campo di gioco. Altrimenti, la memoria del campione albergherà altrove: non in uno stadio che cade a pezzi, non in una teca in una stazione di una metropolitana che non passa, non su un murales colorato di una ferrovia dal soffitto scrostato, a cui neanche un’imbiancata è stata data. Sarebbe il modo peggiore di tradire un figlio adottivo di Napoli, e con essi tanti suoi fratelli che qui nascono, e qui meritano un sistema di trasporti dignitoso.

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