La protesta dei taxi a Napoli

C’è un scena di un film che, nonostante siano passati quarant’anni, dipinge perfettamente i tassisti napoletani: è il fulminante inizio di Così parlò Bellavista, indimenticabile breviario di Luciano De Crescenzo sui vizi e virtù dei partenopei. In apertura si vede un manager milanese che dall’aeroporto si dirige in taxi verso il centro. La corsa dura poco: il tassista si arrende davanti al terribile “ingorgo a croce uncinata”, blocca il tassametro ed offre al malcapitato un buon caffè. Nel bar trova un vigile urbano, a cui rivolge un rimprovero: “Ma non vede il traffico qui fuori?”. L’agente risponde affranto: “Non me ne parli”. Ne ho parlato venerdì 24 ottobre 2025 sulle pagine del Corriere del Mezzogiorno.

La viabilità al centro della diatriba fra taxi e Comune di Napoli

In queste poche battute, invecchiate ahinoi benissimo, ci sono buona parte dei motivi della protesta dei tassisti partenopei di giovedì 23 ottobre. A differenza del trasporto pubblico locale, che vede ormai una media di un paio di scioperi al mese, l’astensione dal lavoro delle auto bianche colpisce in quanto molto rara, così come avviene quando si tratta di liberi professionisti. A dimostrazione che la misura con il Comune è colma. Un segnale di pace è in realtà già arrivato da palazzo San Giacomo, e non è di poco conto: durante la presentazione della “Agenda Napoli per la Regione”, avvenuta lo scorso venerdì 16 ottobre alla presenza del candidato governatore Roberto Fico, il Sindaco Manfredi ha lanciato la proposta di incentivi per il rinnovo delle flotte taxi per circa 20 milioni di Euro.

Un’iniziativa senza pari in Italia, e che aiuterebbe a risolvere uno dei problemi più sentiti dai clienti: la vetustà del parco circolante. La quale è però in linea con quello napoletano, che è poco più di 12 anni rispetto agli 11 della media italiana, ma è in costante aumento così come il numero di immatricolazioni. Ciò porta al nodo del problema denunciato dai tassisti e da Così parlò Bellavista: la viabilità. Troppe auto e caos, troppi pochi parcheggi. L’impressione generale che manchi un vero piano traffico, manchi una visione complessiva sul da farsi. Il tutto con strade ridotte in pessime condizioni. Rifarle (quando avviene…) non basta: serve ripensarle. Introdurre rotonde, studiare nuovi sensi di marcia, ridurre i cosiddetti “black spot”, aumentare le ZTL. Lo chiedono i tassisti, ma soprattutto è una necessità di tutti i cittadini, tanto più di fronte ai recenti tragici casi di investimento di pedoni che avrebbero dovuto scuotere le coscienze di giunta e consiglio comunale in primis.

Le auto bianche non posso sostituirsi ai mezzi pubblici

Ovviamente queste misure chiamano ad un potenziamento del trasporto pubblico, senza il quale è difficile immaginare che il sistema della mobilità regga nel suo complesso. E’ cosa nota l’enorme pressione veicolare alla quale Napoli è sottoposta ogni giorno, con decine di migliaia di auto che entrano in città. Alternative al mezzo privato spesso non ce ne sono. Qui casca un altro asino del trasporto taxi non solo in terra partenopea, ma in tutta Italia, in particolare a Roma e Milano: l’impressione che siano pochi. Questo perché le auto bianche, che in tutto il mondo occidentale sono un mezzo aggiuntivo rispetto ad altre modalità, nel nostro Paese sono frequentemente l’unico modo per raggiungere alcune zone delle città. Sopperiscono alla carenza del trasporto collettivo, pur non essendo deputate a far ciò.

Questa condizione favorisce l’abusivismo, fenomeno alquanto diffuso in particolare alla stazione centrale e all’aeroporto, le porte di accesso di Napoli frequentate da molti turisti spesso letteralmente “pescati” dagli abusivi di turno mentre sono in fila per una regolare auto bianca. E’ giusto pertanto chiedere un maggiore attenzione delle forze dell’ordine. Tuttavia, a fronte di corrette rivendicazioni, da parte della categoria è anche necessario porsi dall’altra parte, ossia quella del consumatore.

La classica lotta del vecchio contro il nuovo

Che i taxi in media siano meno diffusi rispetto ad altre città d’Europa è, numeri alla mano, una realtà. La lotta contro nuove piattaforme (Uber, Lyft, Bolt per citare le più famose), diffusissime all’estero, è la classica battaglia del vecchio che osteggia il nuovo, di conservatorismo contro innovazione. Generalmente si sa come va a finire. Pertanto, sarebbe più saggio non ostacolare il cambiamento, ma accompagnarlo con tariffe più basse, pagamenti digitali e tracciabili, auto più pulite, un’autorganizzazione più efficiente e gestita in modo più civile (lo spettacolo offerto nei posteggi è onestamente un pessimo biglietto da visita).

In un mondo sempre più stressato e costoso, la categoria non gode della simpatia dei clienti. Che votano. Particolare che dovrebbe essere tenuto in considerazione da tutte le parti in causa, nell’attesa che si sciolga l’ingorgo a croce uncinata del servizio taxi a Napoli e in Italia.

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