Pietro Spirito presenta a Napoli la “Trasportopoli” romana

Venerdì 13 gennaio 2017Pietro Spirito, da poco nominato Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale, presenterà alle ore 16:30 presso la Fondazione SUDD (corso Umberto I n. 35, Napoli) il suo ultimo libro, “Trasportopoli”, edito da Guerini. Al dibattito prenderanno parte, oltre all’autore, Umberto Masucci, Presidente del Propeller Club Napoli ed Antonietta Sannino, amministratrice di CitySightseeing Napoli. Concluderà Antonio Bassolino, Presidente della Fondazione SUDD.

Pietro Spirito, napoletano classe 1962, ha speso un’intera vita nell’ambito trasportistico. Dopo le prime esperienze giovanili nei centri studi di Montedison, Unioncamere e CONSOB, dal 1989 al 2007 è in forza al Gruppo Ferrovie dello Stato, specializzandosi su cargo e logistica. Proprio l’esperienza maturata su questi temi, lo porterà ad essere individuato come Direttore Generale dell’Interporto di Bologna nel 2009, di cui diverrà anche Consigliere di Amministrazione. Dal 2011 al 2015, ricopre diversi posizioni in ATAC, l’azienda municipalizzata dei trasporti di Roma, prima di essere arruolato da Invitalia con il delicato compito di Program Manager per la bonifica e la rigenerazione urbana di Bagnoli. Nel dicembre del 2016, il Ministro Delrio, di concerto con la Regione Campania, lo indica come Presidente della neonata Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale, il nuovo organo che gestirà unitariamente i porti di Napoli, Salerno e Castellammare.

Prima di questo delicato incarico apicale, che mette fine ad anni di commissariamento dello scalo napoletano e lo pone al contempo sotto i riflettori della stampa locale e nazionale, Spirito è stato più volte protagonista di riflessioni mediatiche sullo stato di salute dell’ATAC, e dall’ingerenza della politica in essa. Da quell’esperienza umana e professionale, nasce “Trasportopoli”, aspro racconto di quattro anni vissuti nella Capitale, nel tentativo di raddrizzare le innumerevoli storture dell’azienda comunale di trasporto pubblico. Nel testo, appare subito chiara la palude politica e burocratica che paralizza, e penalizza, una delle maggiori aziende del settore, che ogni giorno garantisce circa 4 milioni di spostamenti, che si traducono annualmente in oltre 1 miliardo di persone, grazie ad 11.000 dipendenti, 2.700 bus, 165 tram, 30 filobus, 83 treni metropolitani, ed 88 treni suburbani.

In sette capitoli, Spirito tocca tutti i sintomi del grande malato ATAC: l’opacità degli appalti di manutenzione, la gestione del patrimonio immobiliare, l’ingerenza di sindacati e cooperative, il pozzo senza fondo della costruzione delle linee metropolitane B1 e C, la mancata progettazione e cooperazione fra le diverse agenzie ed amministrazioni competenti. Diversi fenomeni con un’unica costante: l’inesistente confine fra politica e gestione di un’azienda. Nello specchio dell’ATAC, si riflettono i mali della Capitale, e dell’Italia intera, di cui l’autore si fa testimone in un’operazione verità, che va ben oltre gli scandali della Parentopoli romana durante la sindacatura di Gianni Alemanno, stimata in 800 assunzioni fra il 2009 ed il 2010.

Infatti, nella cittadella di “Trasportopoli” (neologismo che richiama alla mente altre stagioni della politica italiana, in una specie di eterno ritorno) si evince come l’inefficienza reiteri sé stessa nel silenzio, e che quel poco che traspare dalle maglie del consociativismo non scalfisca un sistema che resiste, mutando ed al contempo restando uguale, indipendentemente da chi sieda sullo scranno più alto, ma sempre più fragile e politicamente esposto, del Campidoglio.  Così, grazie agli anni spesi in posizioni apicali in ATAC, Spirito ci restituisce immagini grottesche, al limite del comico, se non fossero invece tremendamente serie e tragiche. Come lo spadroneggiante delegato del sindaco, ufficialmente podologo e benzinaio di professione, coinvolto poi in Mafia Capitale. Il manipolo di sindacalisti che, in un angolo di una rimessa di autobus, dividono i turni degli autisti, tutelando solo i loro associati e penalizzando volutamente chi non gode di tale protezione. Gli accordi firmati fra Comune ed organizzazioni sindacali, ma senza notificare l’azienda, a cui vengono comunicati solo a stipula avvenuta. Il fedele delegato sindacale che, dalla sera dalla mattina, viene promosso da semplice macchinista ad assistente del direttore della ferrovia Roma-Lido. La realizzazione di un nuovo deposito tranviario, per il quale sono stati comprati i terreni e firmato l’appalto di costruzione nel 2006, ma di cui i lavori non sono mai partiti. Oppure, la realizzazione della nuova sede dell’azienda, un contratto milionario che però non valorizza gli immobili già esistenti e sottoutilizzati. Il tutto in un dedalo di undici enti, regionali o municipali, che in teoria dovrebbero occuparsi di un unico servizio: il trasporto dei cittadini romani.

Tuttavia, la madre di tutti gli sprechi è la realizzazione delle linee metropolitane, con la volontà della politica di tutelare gli interessi (ed i profitti) delle sole aziende appaltatrici, e non di chi poi gestirà le infrastrutture, ossia l’ATAC. Si comincia con la diramazione della Linea B, denominata B1, inaugurata, forzando i tempi, nel giugno 2012. Il primo guasto si registrerà già il giorno successivo l’inaugurazione, mentre due giorni dopo si sfiorerà la tragedia con il distacco dal soffitto di una stazione di un’enorme lastra di rivestimento, che avrebbe potuto provocare una strage. Il perché della fretta di inaugurare una linea ancora bisognosa di test è presto detto: in caso di ritardo nella consegna dell’opera, l’azienda appaltatrice avrebbe dovuto pagare pesanti penali per ogni giorno supplementare rispetto a quelli stabiliti da contratto. Si arriva poi all’ormai celebre Linea C, di cui si è ampiamente parlato su tutti gli organi di stampa, i cui lavori, ad oggi ben lungi dall’essere completati, sono iniziati nel lontano 2006. Bastano poche cifre per certificare il disastro, ben descritto nelle pagine di Spirito: il contratto, pari a 2,2 miliardi di Euro, è stato aggiudicato con un ribasso a base d’asta del 18%. Tuttavia, finora si sono registrate ben 45 varianti di progetto, che hanno fatto schizzare il costo ad oltre 3,7 miliardi, con uno slittamento dei tempi di esecuzioni ipotizzati da 66 ad 84 mesi. Prima ancora che nella costruzione, il business legato a quest’opera è stato legale: basti pensare che il primo contenzioso fra Comune ed aziende appaltatrici è nato neanche un anno dopo la firma del contratto, nel 2007.

Sullo sfondo di “Trasportopoli” restano i lavoratori ed i dirigenti onesti: figure silenziose, quasi eroiche nel loro combattere quotidianamente, da soli, il gigante del clientelismo, che non conosce colore politico e/o sindacale. Tuttavia, il copione in svolgimento all’ATAC rischia di essere simile a quello di tante altre aziende di trasporto comunali, a partire da quella napoletana. Parimenti, una sfida di chiarezza, civiltà e senso del dovere è da impostare nell’Autorità Portuale napoletana, di cui Spirito è da poco Presidente. Un ente troppo a lungo dimenticato, ma di cui è fondamentale assicurare la ripartenza per far tornare il porto, ossia la più importante impresa di Napoli e del Mezzogiorno, al centro dei processi economici e della vita della città, come trattato diverse volte dalla nostra testata a partire dall’aprile 2015. Problemi, dunque, simili, trasversali: mali locali e nazionali al contempo. Dai quali, però, si può e si deve guarire. Alle volte, pare, basti un libro per cominciare le rivoluzioni.

 

L’ultimo libro di Pietro Spirito, “Trasportopoli”, è disponibile su:

 

(Articolo pubblicato per conto della testata giornalistica QdN – Qualcosa di Napoli e disponibile al seguente LINK)

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