Sabato 3 e domenica 4 ottobre 2020 si è tenuta la seconda edizione di Open House Napoli. La manifestazione, per il secondo anno consecutivo, ha reso accessibili più di 100 luoghi della città, la maggior parte di questi normalmente chiusi al pubblico. Studi professionali, gallerie d’arte, cantieri, hotel o semplici case private hanno aperto le loro porte a migliaia di visitatori. Una grande festa dell’architettura e della città intesa come comunità.
Cos’è Open House
Open House Napoli fa parte della rete internazionale di Open House Worldwide, il primo festival globale dell’architettura fondato a Londra nel 1992 per coinvolgere i cittadini e far comprendere quanto una migliore progettazione degli spazi urbani influisca positivamente sulla qualità della vita. Un prezioso strumento di conoscenza, dialogo e contributo al disegno delle città di domani, e che rappresenta un fenomeno in crescita, con 47 città coinvolte nei cinque continenti e oltre un milione di visitatori. In Italia sono quattro le città che aderiscono al network di Open House: Roma, Milano, Torino e, dal 2019, Napoli.
Il logo dell’edizione 2020 di Open House Napoli
Si diceva che oltre 100 sono stati i siti o le attività aperte alla visita in quest’edizione 2020, la maggior parte dei quali nel centro storico: dal percorso guidato ai palazzi Liberty del Vomero, all’apertura della casa/archivio del designer e architetto Riccardo Dalisi, la visita agli ambienti del rinnovato Hotel Britannique, la scoperta della cosiddetta “via della musica” di San Sebastiano grazie al Centro Chitarre, e così via. Personalmente, ho scelto di visitare tre luoghi, due dei quali ubicati nelle zone dove la città dovrebbe guardare per la sua espansione: il cantiere della fermata della metropolitana di Miano nella zona nord, e il complesso post-industriale di Brin 69 alle porte di Napoli Est.
Il cantiere della stazione “Miano” della metropolitana
Lo scavo della stazione della metropolitana di Miano insiste in quella periferia nord ricordata solo per le vicine Vele di Scampia. Eppure, tra pochi anni, le Municipalità VII e VIII, che sommate contano più di 200.000 abitanti (circa 1/5 dell’attuale popolazione napoletana) saranno servite da ben 6 stazioni della metropolitana. Non saranno fermate qualsiasi: infatti, rappresentano quel fondamentale tratto del cosiddetto “anello” della Linea 1 sul quale si innesterà la già operante linea metropolitana Piscinola-Aversa.
Il cosiddetto “anello” della metropolitana Linea 1: in verde le stazioni di competenza regionale, dove si innesterà la linea Piscinola-Aversa, che poi si attesterà a Tribunale (in viola). Le stazioni di competenza comunale ancora da completare sono invece in rosso.
Ciò significa che, un domani, da quel che visitandolo ora è poco più di un’anonima struttura al rustico all’incrocio fra via Miano e via Don Luigi Guanella, si potrà andare direttamente e senza cambi di treno ad Aversa o alla stazione centrale, verso Giugliano o il porto di Napoli, l’aeroporto, il centro storico. Insomma, una rivoluzione che farà bene al tessuto sociale ed economico di quartieri da sempre pressoché assenti dall’agenda politica, e che attendono una vera occasione di rilancio da anni: l’unica che possono giocarsi è quella dei trasporti, reali vettori di democrazia, di coesione sociale, di rammendo e ricucitura urbanistica.
Il cantiere della stazione “Miano” della metropolitana: foto delle discenderie verso le banchine
Al centro di un immenso camerone di cemento, alzando gli occhi e fissando l’urbanistica scadente del periodo del “sacco di Napoli”, sembra impossibile che un domani tutto questo sarà possibile, considerando quanti sono stati gli incidenti di percorso nella realizzazione di quest’opera. Il blocco dei cantieri per cinque anni, operato dalla giunta regionale a guida Caldoro fra il 2010 e il 2015, ha comportato fortissimi ritardi ed enormi contenziosi con le ditte appaltatrici. E’ toccata alla gestione di Umberto De Gregorio, nominato dal Governatore De Luca alla guida dell’Ente Autonomo Volturno (EAV), sbrogliare la matassa burocratico-amministrativa per far ripartire il cantiere. Resta il tema di accelerare quanto più possibile i lavori, e smarcare alcune questioni come la realizzazione di un nuovo deposito per i treni e l’esercizio comune della linea con il Comune di Napoli, che gestisce, tramite la controllata ANM, l’attuale tracciato della Linea 1 dove si andrà a innestare questo segmento.
La sistemazione delle aree esterne della stazione “Miano”, guardando l’omonima via
Napoli sta diventando più “piccola”
Soprattutto, c’è il tema di restituire una visione del trasporto, il far capire che queste stazioni di periferia rappresentano un autentico volano per l’espansione di una città che, negli anni, è diventata sempre più “piccola” a causa del collasso dell’affidabilità dei mezzi pubblici. Il traffico feroce di questi giorni ne è la riprova: i napoletani non percepiscono come affidabile un trasporto pubblico locale (TPL) che conta quotidiane cancellazioni di treni sulle linee EAV e Trenitalia, la chiusura ormai perenne della Linea 1 nel suo tratto più affollato e cruciale (Dante-Garibaldi), i tempi di attesa biblici dei pochi bus disponibili e il forfait, ormai sempre più frequente, perfino di quelle che erano considerate “gli orologi svizzeri” del trasporto partenopeo, ossia le funicolari. Napoli, dunque, diventa più piccola, più stretta, appannaggio di chi si può permettere un mezzo di trasporto privato, quando invece avrebbe necessità di diventare più larga, dando fiato a un mercato immobiliare ormai focalizzato su pochi quartieri, iniziando un processo di riqualificazione urbana spontanea in zone dove abitano decine di migliaia di suoi abitanti, ma che sono eternamente condannati ad essere cittadini di serie B.
Quest’impressione è la stessa che si ha percorrendo i viali della vicina Scampia, a loro modo belli nell’essere larghi e alberati: si intravede ancora, nonostante le ingiurie del tempo, il disegno urbanistico alla base di quello che doveva essere il quartiere di un nuovo inizio per la Napoli post-terremoto, e che invece è diventato presto un incubo. L’abbattimento delle Vele, per quanto necessario e simbolico, non può essere l’unica azione da intraprendere. Basterebbe partire da una maggiore cura delle aree urbane: qui più che altrove servirebbe il taglio dell’erba, lo spazzamento delle strade e il loro rifacimento. Infatti, i palazzoni di Scampia, Vele a parte, non sono diversi da quelli delle periferie milanesi: quel che stride è la manutenzione che è assente, mentre sarebbe più importante che in altre parti della città, perché non vi è nulla per i cittadini di queste zone a parte il verde pubblico, e perché Scampia non può essere solo un roboante simbolo a seconda delle stagioni politiche, ma necessità di azioni di normalità.
L’eterna utopia di Napoli Est e la concreta realtà di Brin 69
Anche gli abitanti anche della sconfinata periferia di Napoli Est avrebbero necessità di normalità, dopo anni di utopie urbanistiche annunciate a mezzo stampa, e mai realizzate. Da sempre cuore produttivo della città, con le zone retroportuali e le raffinerie, sconta il progressivo decadimento dell’industria a favore del terziario, e numerosi sono i vuoti urbani che oggi andrebbero riempiti, come ad esempio la zona della fu Manifattura Tabacchi. Proprio il recupero di uno spazio abbandonato, ossia un ex cantiere navale, è alla base dell’operazione Brin 69, uno dei più felici interventi urbanistici degli ultimi anni. Con le giovani guide di Open House, quasi tutti studenti di architettura, è stato possibile esplorare quel che oggi è uno spazio prevalentemente destinato a uffici, la cui unica eccezione è l’area gastronomica di Eccellenze Campane. Ogni giorno, centinaia di lavoratori riempiono le navate di questo “grattacielo orizzontale”, con il tetto aperto da cui entrano aria e acqua per una aerazione naturale degli ambienti, nutrendo al contempo gli alberi posti al centro dell’edificio.
La verde navata centrale di Brin 69
Al fianco di Brin 69, le residenze per gli studenti dell’Università “L’Orientale”, che completano un angolo inaspettatamente moderno e ben tenuto alle porte di una sconfinata periferia che aspetta ancora una vera occasione e una visione, e che anche in questo caso potrebbe essere portata in dote dallo sviluppo di un’efficace rete di trasporti, considerata l’insistenza di Circumvesuviana, Linea 2 della metropolitana e tram, ed a cui il ventilato progetto del Bus Rapid Transit (BRT), di cui tratteremo in separata sede prossimamente, non sembra dare le risposte necessarie.
Lo stridente contrasto tra le residenze universitarie (a sinistra) e l’abbandono dell’area est (a destra
Monte di Dio, i lavori sul Monte Echia e la Andrea Nuovo Home Gallery
L’ultima tappa della mia personale due giorni dedicata ad Open House è stata in pieno centro, a Monte di Dio, per visitare la casa privata nonché galleria d’arte Andrea Nuovo. In attesa che aprisse, mi sono spinto fino alla somma di Monte Echia, da dove si ammira uno dei panorami più belli del mondo, che stride con le condizioni indecenti di un luogo che, ovunque si trovasse, sarebbe probabilmente un gioiello. Il cantiere per la realizzazione del belvedere panoramico con ascensore di collegamento fra la sommità del monte e Santa Lucia, felicissima intuizione del Sindaco Rosa Russo Iervolino, nonostante i più di dieci anni di cantiere è ancora lungi dall’essere completato, e versa in stato di abbandono al pari delle deliziose stradine adiacenti: simbolo di quel che si diceva prima, ossia di una città che si restringe sempre più, rendendo periferiche anche zone ubicate in un teorico pieno centro.
La vista su Capri e il Golfo fa dell’eterno cantiere dell’ascensore sul Monte Echia probabilmente il più panoramico del mondo
Negli splendidi spazi della galleria Andrea Nuovo in via Monte di dio 61, ristrutturata con sapienza grazie all’innesto in uno spazio moderno di elementi antichi (travi di legno, porte liberty, vecchie riggiole), ci accoglie il proprietario con la compagna argentina, originaria di Buenos Aires. “Come mai ha scelto Napoli?”, domando. “Perché è come Buenos Aires, ma senza il suo caos”. A chi governerà la città, il compito di non smentire le prospettive di chi ha scelto Napoli come sua seconda casa, rendendola sempre più abitabile, sempre più larga affinché meno congestionata, e non facendo sentire nessuno – che sia partenopeo d’origine o d’adozione – un cittadino di serie B.