La sharing mobility arriva finalmente anche a Napoli

Prima le auto di Amicar, ora i monopattini elettrici di Helbiz, domani il ritorno del bike sharing. Probabilmente, il 2020 non sarà ricordato solo per il Coronavirus, ma anche per essere l’anno che segnerà l’ingresso in città della nuova mobilità del futuro: la sharing mobility arriva, dunque, anche a Napoli.

Del resto, questi fenomeni sono in parte collegati. Abbiamo parlato in queste pagine di come sia ormai acclarato quanto la diffusione del COVID sia influenzata da fattori climatici ed abbia cambiato le abitudini di mobilità delle persone. Il trasporto pubblico locale, considerato un potenziale vettore di contagio, è stato messo sotto pressione in tutte le maggiori città del Paese. Per cercare di limitare un maggiore ricorso all’auto privata, che avrebbe innescato un circolo vizioso di maggiore inquinamento = maggiore diffusione del virus, una parziale risposta è stata individuata dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) nell’incoraggiare l’aumento della mobilità individuale sostenibile attraverso un bonus di 500 Euro per l’acquisto di monopattini elettrici e bici, o per l’utilizzo di mobilità condivisa – ossia, servizi di sharing mobility (tranne autovetture).

L’arrivo dei monopattini elettrici Helbiz

In questo senso, assume ancora più importanza la presentazione del servizio di monopattini elettrici della società italo-americana Helbiz, avvenuta martedì 8 settembre alla presenza del Sindaco di Napoli Luigi De Magistris e dell’Assessore ai Giovani Alessandra Clemente. Saranno circa 900 i mezzi (200 in questa prima fase di lancio del servizio) che i napoletani potranno liberamente usare: si troveranno per strada, senza parcheggi dedicati o rastrelliere, e per sbloccarli basterà usare l’app di Helbiz.

Presentazione monopattini Helbiz Napoli

La presentazione dei monopattini Helbiz alla presenza del Sindaco di Napoli e dell’Assessore Clemente

I monopattini saranno però utilizzabili solo in alcuni quartieri, quali Chiaia, Mergellina, Santa Lucia, la zona del porto ed il corso Umberto, fino alla stazione di piazza Garibaldi; all’interno di questi stessi quartieri vi saranno alcune zone dove non sarà possibile lasciare i mezzi, come ad esempio il lungomare di via Partenope, piazza Plebiscito, piazza Municipio. Un servizio dunque molto limitato rispetto all’ampiezza della città, e che assume più i tratti di un’offerta dedicata ai turisti ed allo svago che a favorire la micro-mobilità per motivi di lavoro. Vi è anche un altro fattore: le aree sopracitate sono tendenzialmente pianeggianti, e presentano una condizione del fondo stradale migliore di tante altre zone della città, anche più blasonate – basti pensare in che condizioni sono ridotte le strade di Posillipo o di ampie parti del Vomero.

Helbiz mappa monopattini Napoli

I quartieri di Napoli dove sono attivi i monopattini Helbiz

A Napoli sbarca UBER, ma solo in modalità taxi

Comunque sia, il dado è tratto: Napoli va a inserirsi nelle poche città italiane coperte da questi servizi, dopo Milano, Roma, Torino, Ravenna, Pescara e Bari. E’ un segnale importante, cui ne è seguito rapidamente un altro, ossia l’arrivo di UBER in modalità taxi. L’app che ha letteralmente rivoluzionato gli spostamenti privati negli USA e in America Latina, surclassando i ben più costosi taxi, è presente in Europa in modalità ben diverse rispetto al continente americano a causa di una serie di impedimenti normativi che vietano la concorrenza coi taxi. In particolare, in Italia sotto la sigla di UBER operano a Roma e Milano solo servizi di NCC (noleggio con conducente), generalmente dedicati a clienti di fascia alta, e quindi con prezzi più elevati rispetto a quelli dei tassisti. Per adattarsi a questo scenario, UBER ha cominciato a fidelizzare i taxi, rendendo possibile il prenotare una corsa utilizzando la propria app: Napoli è la seconda città italiana dopo Torino ad aver accesso a questo servizio, che prende il via con circa 50 auto bianche disponibili.

Amicar, il car sharing “made in Naples”

Sempre bianche sono le auto di Amicar, un servizio car sharing di sole auto elettriche modello Peugeot 208, presentato a inizio estate dal Comune di Napoli. E’ il primo, serio esperimento di questo genere a Napoli, ed è un’iniziativa che si appoggia solo su forze locali, portata avanti dalla cooperativa sociale Gesco. Amicar può contare su una flotta che ad oggi è di 35 mezzi, ma che dovrebbero diventare 80 entro il primo semestre del 2021. Come già descritto su questo sito, le vetture sono distribuite su tutto il territorio cittadino e possono essere prelevate e riconsegnate nelle aree di parcheggio comunale (strisce blu) o all’interno dei parcheggi convenzionati, che per ora sono solo quattro. Oltre alla tariffa a minuto (0,30 Euro per minuto), è prevista una tariffa aggiuntiva a chilometro (0,25 Euro per km), che si applica dopo avere percorso i primi 50 km. Dopo le prime 5 ore di noleggio verrà applicata la tariffa giornaliera di 90 Euro che da diritto alla restituzione del veicolo entro le 24 ore dall’inizio del noleggio.

Presentazione Amicar Napoli

La presentazione del car sharing Amicar a piazza del Gesù, nel cuore antico di Napoli

I piani di sviluppo di questa lodevole iniziativa potrebbero però essere inficiati dai numerosi atti vandalici che si registrano contro le vetture, nonché dei furti. Quello della tenuta della cosa pubblica nelle città del Sud Italia è un tema antico, e che ha bloccato potenziali investitori e dunque lo sviluppo della sharing mobility nelle città a sud di Roma. Incombe sull’esperienza Amicar il pesante precedente di Catania, unica città del Meridione coperta da un servizio di car sharing nazionale, l’Enjoy della ENI. Nonostante le praticamente illimitate risorse economiche di cui dispone il gruppo petrolifero, i troppi atti vandalici e furti hanno portato l’azienda ad alzare bandiera bianca nella primavera del 2019: in circa tre anni, le auto disponibili nella seconda città della Sicilia erano passate dalle 170 del 2016 alle sole 75 del 2019. Un’ecatombe che mostra quanto sia difficile portare avanti queste tipologie di investimenti in alcune aree del Paese.

Prossimi passi: il ritorno del bike sharing

Novità in vista anche sul fronte del bike sharing, un servizio richiesto a gran voce da più parti ma che, dopo un’iniziale promettente sperimentazione da parte di Clean Nap nel 2015, si è arenato, fino alla rimozione delle rastrelliere un tempo diffuse nelle zone nevralgiche della città, avvenuta lo scorso giugno. In questi pochi anni, la tecnologia ha però fatto passi da gigante. Oggi i servizi di bike sharing sono “a flusso”, esattamente come i monopattini: trovi una bici parcheggiata per strada, la sblocchi con un’apposita app, e quando finisci la tua corsa la lasci semplicemente dove capita. Ciò permette un enorme risparmio di costi, nonché una riduzione dei tempi di inserimento di questo servizio nelle città. Niente più rastrelliere, o paline per pagare il servizio collegate all’elettricità ed alla rete telefonica (per i pagamenti via bancomat), niente più infrastrutture che caratterizzavano il servizio cosiddetto “a stazioni fisse”. Il nuovo modello a flusso è poi interamente a carico dei privati, il che consente anche a comuni in difficoltà finanziarie come Napoli di poter offrire questo servizio ai cittadini: proprio quanto l’amministrazione ha in mente di mettere in piedi entro la fine dell’anno, progetto per il quale l’Assessore competente, Alessandra Clemente, ha riunito lo scorso aprile il Tavolo di Consultazione per la Promozione della Mobilità Ciclabile.

Bikesharing Napoli presso metro Toledo

Una foto ormai d’epoca: le rastrelliere del bike sharing a stazioni fisse operato da Clean Nap presso la fermata della metropolitana “Toledo” (2015)

Il caso di scuola Milano e la differenza fra sharing e smart mobility

Napoli comincia dunque ad avere i suoi servizi di car sharing e di monopattini elettrici, e presto rivedrà il bike sharing. L’offerta, però, nel campo della sharing mobility è davvero in continua evoluzione. Basti pensare che a Milano, che si può considerare una delle città più “sharing” d’Europa, vi sono 6 operatori di car sharing che contano circa 3.000 auto in circolazione (Enjoy, Share N’Go, E-Vai, Ubeeqo, e l’ultimo arrivato Share Now, nato dalla fusione di Car2Go e Drive Now), due servizi di bike sharing (il comunale BikeMi con 280 stazioni fisse e 4.700 biciclette operante dal 2008, e quello a flusso della multinazionale cinese MoBike, sbarcato in Italia nel 2017 anche a Torino, Firenze, Bologna, Padova, Bergamo e altri), 6 servizi di scooter sharing (Cityscoot, GoVolt, eCooltra, Acciona, ZigZag e Mimoto, quest’ultimo acquistato dal gruppo Helbiz e operante, oltre che a Milano, anche a Genova e Torino), e ben 8 operatori per i monopattini elettrici per 6.000 mezzi (Bird, Bit, Circ, Dott, Lime, Voi, Wind e ovviamente Helbiz).

L’offerta ricchissima che caratterizza Milano è certamente dovuta ad un insieme di fattori socio-economici che rendono la città un ambiente ideale per lo sviluppo di tali tecnologie. Tuttavia, è bene ricordare che la sharing mobility è un concetto che appartiene al più vasto mondo della smart mobility, un ecosistema che vede l’insieme di più modi di immaginare e vivere la mobilità, tutti accomunati dal risparmio energetico, un alto tasso di efficienza e di tecnologia. Un mondo dove i mezzi e gli operatori comunicano fra loro, con un flusso di informazioni verso l’utenza continuo. Nella smart mobility, i cittadini vengono “accompagnati” dalla porta di casa fino alla loro destinazione finale muovendosi in un sistema che viene concepito come unico, senza divisioni aziendali, recinti difesi dalla politica, o recriminazioni a mezzo stampa. Questa descrizione di smart mobility ricorda certamente la direzione che le politiche di sviluppo della mobilità hanno preso negli ultimi a Milano, il contrario però di quanto successo a Napoli. Attenzione dunque a definire quanto sta avvenendo in città come l’avvento della smart mobility: la strada da percorrere è ancora tanta, e passa certamente per i luoghi del potere politico, dove ci si auspica vi sia più dialogo fra chi è chiamato a queste scelte, che riguardano il futuro di noi tutti.

 

(Articolo pubblicato per conto della rivista Mobility Press Magazine, e disponibile al seguente LINK – pagine da 14 a 17)

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