Si è da poco conclusa a Parigi una grande mostra su Mark Rothko, fra i maggiori esponenti dell’astrattismo del XX secolo. Noto per composizioni quasi monocromatiche, del pittore statunitense è meno conosciuta l’iniziale fase figurativa con un intero ciclo di opere sulla metropolitana di New York. Ne ho parlato venerdì 3 maggio 2024 sulle pagine del Corriere del Mezzogiorno.
La visione del Grand Paris si ispira anche a Napoli
Nelle tele emerge un senso di solitudine e spaesamento, quel che l’antropologo Marc Augé identificava come tipici di siti quali stazioni ferroviarie, aeroporti, ecc. Proprio sul contrasto ai cosiddetti “non-luoghi” si sviluppa l’intera filosofia della metropolitana dell’arte partenopea. Un concetto di qualità degli spazi pubblici attraverso un “museo obbligatorio” nelle varie fermate, e che oggi rappresenta motivo di distinzione della città nel panorama internazionale.
Mark Rothko, “L’entrata della metropolitana”, 1938
Al punto che la stessa Parigi ha preso esempio: nei medesimi giorni della mostra su Rothko si teneva un’altra esposizione, con argomento il Grand Paris. Un piano da 35 miliardi di Euro per ridisegnare il rapporto fra la capitale francese (2 milioni di abitanti) e la sua popolosa area metropolitana (10 milioni) attraverso 200 km di nuove linee metropolitane e 68 stazioni. Al Grand Paris collaborano architetti che proprio a Napoli hanno maturato esperienza nel campo dei trasporti come Dominique Perrault, il quale ha disegnato la stazione metro di Garibaldi; Miralles–Tagliabue, firma della costruenda fermata del Centro Direzionale; Silvio D’Ascia, che ha ripensato il terminal di Montesanto.
La mostra parigina ne ricorda una simile promossa nel 2007 dalla Regione Campania, Metrò-Polis. Fra Castel dell’Ovo, la Triennale di Milano e la sede della Commissione Europea a Bruxelles furono esposti i progetti della Napoli che sarebbe venuta, e che oggi sono in parte realtà. Un momento di affermazione non solo architettonica e artistica, ma anche di visione complessiva per la mobilità. Forse l’ultimo considerata l’odierna frammentazione, nella quale si fa fatica a intravedere un disegno coordinato fra le varie istituzioni.
Smantellare ferrovie non è mai un buon investimento
Qualche esempio recente: sono iniziati i lavori per riconvertire in tram la ferrovia Castellammare-Gragnano, inutilizzata dal 2010 – i tempi bui della spending review. Dismettendola, i cittadini di Gragnano e zone limitrofe perdono la potenziale occasione di arrivare senza cambi nel cuore di Napoli, innestandosi sull’odierna Linea 2. Oppure direttamente al futuro aeroporto di Salerno, che sarà servito da una stazione ferroviaria. Sarebbe stato un bel salto per un’area che sconta da sempre trasporti deficitari: possibile che nessun amministratore locale ci abbia pensato, guardando ad un quadro più ampio?
Oggi la sensibilità sullo smantellare ferrovie è cambiata: non si parla più di rami secchi, ma di benefici ambientali dei mezzi pubblici. Inoltre, questa riconversione sembra essere l’anteprima per chiudere la ferrovia anche nel tratto Castellammare-Torre Annunziata: un rischio che i candidati alle prossime elezioni di quei Comuni dovrebbero tenere in considerazione.
Una grande confusione, anche nella bigliettazione
Quel che succede in provincia ha ripercussioni dirette sulla qualità della vita a Napoli, perché ridisegnare gli spostamenti da e per il capoluogo (il Grand Paris insegna) è il problema principale della mobilità in Campania. E’ dunque cruciale un forte coordinamento fra Comune e Regione, che sarebbe facilitato da un Assessore regionale al ramo ormai mancante da nove anni. L’impressione è piuttosto un procedere in ordine sparso: riprova ne è la politica tariffaria.
In una Napoli sommersa di turisti e in cui i trasporti, per quanto migliorati, vanno comunque in difficoltà, a breve aumenterà il costo del biglietto ANM a 1,5 Euro. Un prezzo che pone la città in linea con il resto d’Italia. Tuttavia, ciò avverrà solo per le metropolitane: funicolari, bus e tram resteranno con ticket a 1,3 Euro. Una divisione assolutamente incomprensibile che non ha pari nel panorama delle maggiori realtà europee, e che aggiungerà solo ulteriore confusione in un sistema tariffario già inutilmente complicato dal depotenziamento del tagliando unico anni or sono. Le file alle biglietterie automatiche e ai tornelli nei periodi di picco ne sono la prova: andare a piazza Garibaldi o a Toledo per credere. Davanti a questo scenario, in consiglio comunale si agita lo spettro di uscire dal Consorzio Unico che coordina la bigliettazione in Campania, quando invece si dovrebbe tornare a un solo ticket per tutti trasporti, passando da una visione “aziendo-centrica”, basata sulla politica e le sue divisioni, ad una “utente-centrica”, dove contano soltanto i cittadini. Com’è lontana Parigi vista dal Golfo.