Estate: tempo di ferie per 30,5 milioni di italiani, di cui circa il 10% andranno all’estero – come ricordato sul Corriere Economia lo scorso 4 agosto. Arrivando in una città straniera, le prime cose che si valutano sono sostanzialmente tre: pulizia, senso di sicurezza, facilità nel muoversi. A vacanza conclusa, racconti strabilianti su come altrove tutto sia più semplice rispetto all’Italia. Un confronto stridente soprattutto nei trasporti: qui la metro non è frequente, il bus non passa, i taxi pessimi, le informazioni carenti. Ne ho parlato giovedì 21 agosto 2025 sulle pagine del Corriere del Mezzogiorno.
Un inebriante senso di libertà
Espresso il paragone e la lamentela, ci si autorganizza: il parente che ti viene a prendere in stazione/aeroporto, il motorino inforcato anche per fare pochi metri, l’auto che diventa un’estensione di sé. A nessuno che atterri nelle maggiori capitali europee (ed ormai anche in tanti centri del dell’ex blocco sovietico, del Sud America o dell’Asia) verrebbe in mente di affittare una macchina per muoversi in città: banalmente non se ne sente la necessità poiché i trasporti funzionano. Pensateci: quanto ci si sente liberi quando questo avviene?
Rapidamente il senso di spaesamento viene superato: indicazioni e mappe alle fermate, siti internet chiari, pagamenti immediati. Il passeggero è al centro del sistema, non le aziende con sindacati e rivalità politiche. Questa roba all’estero non esiste – e se c’è resta sotto la superficie. Sopra vi è esclusivamente una mobilità che funziona con un “urban trasport mix”, come definito dalla Commissione Europea: bus, metrò, tram, filobus, taxi, mezzi in sharing, treni suburbani che si parlano fra loro.
Le tante alternative di mobilità all’estero
Qualche esempio. Dall’aeroporto di Orly si può arrivare a Parigi in tanti modi: se si sceglie il taxi, una fila ordinata distingue chi va verso il centro e chi verso le periferie con due tariffe distinte, scritte chiaramente su cartelli in più lingue. Zero possibilità di imbrogliare i clienti. Dagli scali di Londra invece si giunge in città principalmente col treno: tariffe scontate per incentivarne l’utilizzo rispetto alla gomma. Informazioni a bordo che aggiornano sullo stato del servizio della rete metropolitana. In tutte le 272 stazioni lungo i 402 chilometri della tube londinese si può pagare digitalmente ai tornelli (rigorosamente anti-scavalco) ricordandosi di marcare anche all’uscita, che è l’unico modo per contrastare l’evasione tariffaria ed avere dati affidabili sui passeggeri. Lo stesso avviene a bordo di tutti i bus – nessuno escluso.
Si possono letteralmente trascorrere giorni in un Paese che adotta una valuta diversa dall’Euro senza toccare il portafogli. Una rivoluzione che manda in pensione i polverosi banchi di cambio. Se si è stanchi di girare a piedi, ecco fatto: bici, monopattini (meno che in Italia, a dir la verità) in sharing che scorrono su strade ben tenute. Avviene in Spagna, Francia, Regno Unito, senza il rischio di finire in una buca o slogarsi un polso sobbalzando su sanpietrini che inspiegabilmente resistono nelle nostre strade contro qualunque forma di buon senso.
Per non parlare dei taxi: Uber, Bolt, Lyft sono servizi di mobilità on demand che ormai hanno preso piede anche in mercati storicamente ostili e con sindacati aggressivi come la Francia. In Italia è fantascienza, con una corporazione di meno di 30.000 auto bianche che tiene in scacco 60 milioni di potenziali utenti. Proporzioni numeriche degne di una falange spartana, che il comitato “Muoviti Italia” sta provando a scardinare con una proposta di legge che allinei il mercato italiano a standard di civiltà.
La difficile situazione napoletana
Nell’attesa che questo avvenga, chi arriva a Napoli resta sconvolto dalla gestione dei taxi all’aeroporto, al porto, alla stazione: mercati a cielo aperto. Non va meglio sui mezzi pubblici. Pochi aggiornamenti su eventuali chiusure o limitazioni, tempi di attesa sconosciuti, pagamenti digitali su emettitrici traballanti tappezzate di fogli di carta su cui si provano a trasmettere informazioni basilari. Le file alle biglietterie di piazza Garibaldi sono interminabili. A Londra (9 milioni di abitanti) o a Parigi e provincia (12 milioni) non se ne vedono: qualcuno si è mai chiesto il perché?
Si potrebbe continuare, ma poi si torna dai viaggi e ci si dimentica di come ci si sentiva liberi senza la schiavitù di un mezzo privato. Allora, una proposta: un viaggio studio all’estero per politici e manager nostrani per provare a copiare qualche buona pratica e stimolare la mente – e le proposte politiche, che languono. Prima tappa: Milano. Già, perché anche in Italia si può fare bene. Viaggiare per credere.