I treni campani che restano indietro

Puntuale come ogni anno, Legambiente ha pubblicato il suo lavoro forse più atteso, il rapporto Pendolaria: un’analisi indipendente sui servizi ferroviari regionali nel nostro Paese (sono esclusi i dati all’interno delle città). Ne ho parlato giovedì 7 marzo 2024 sulle pagine del Corriere del Mezzogiorno.

La situazione in Campania

Temuto della politica, per i cittadini è una luce di verità in un settore dove è difficile reperire cifre affidabili andando oltre la propaganda. Anche quest’anno la Campania non ne esce bene. Alcuni numeri: seppur in diminuzione, l’età media dei convogli regionali resta sopra la media italiana (18,5 contro 15,8 anni), di cui quasi il 50% ha più di 15 anni. Treni vecchi, sembra ormai superfluo ricordarlo, significano guasti più frequenti e dunque corse saltate, minor confort di viaggio, velocità media più bassa, e altre amenità. Va a rilento, continua Legambiente, l’ammodernamento delle infrastrutture: fra i vari lavori in corso è di capitale importanza il raddoppio/ammodernamento della tratta Circumvesuviana verso Sorrento, con il nodo irrisolto di Castellammare. Circum che anche quest’anno è fra le linee peggiori d’Italia.

Dal 2009 al 2022, l’offerta di servizi in Campania è passata da quasi 2 milioni di treni/km a circa 1,5 milioni. Nello stesso periodo, la Lombardia ha investito molto in termini di treni/km, passando da 3,5 milioni a 4,5 milioni. Toscana e Lazio hanno mantenuto stabili i livelli di offerta, Emilia Romagna e Veneto li hanno leggermente migliorati a fronte di un peggioramento del Piemonte. Certo, tutte le regioni hanno visto un crollo di passeggeri nel periodo del COVID, dal quale non ci si è del tutto ripresi. Tuttavia, il confronto con la Campania dal 2009 a oggi è impressionante, essendo la realtà che ha perso più passeggeri: da circa 400.000 utenti a poco sopra la metà.

Un quadro sempre più complesso e con poca visione

Cosa ci dice questo paragone? Pur sapendo che si tratta di territori con capacità di spesa assai diversa, è una questione di visione: si fa fatica a capire quale sia quella in Campania. I recentemente annunciati nuovi treni sulle linee flegree e la necessaria ristrutturazione del terminal di Montesanto rafforzano i già ingenti investimenti sulla rete regionale, e questo è certamente un bene. Resta però un tema di modello gestionale: per lungo tempo si è parlato di azienda unica, poi di gare fra le perplessità dei sindacati, ora chissà.

Nel mentre, il mondo attorno è cambiato: la questione dell’autonomia differenziata mette a serio rischio la tenuta del Sud, anche sui trasporti pubblici già sottofinanziati in termini di spesa corrente. Si rischia un peggioramento ulteriore dei servizi in contesti già molto difficili come la provincia di Napoli, che presenta il PIL pro capite più basso d’Italia dopo Calabria e Sicilia. Ciò significa povertà culturale e sociale: riprova sono i numerosi attacchi ai mezzi pubblici dell’ultimo periodo, fra cui i sabotaggi ai passaggi a livello con oggetti lasciati sui binari che ricorda come sia importante chiuderli (promemoria soprattutto per l’impasse di Castellammare). Una situazione che, assieme ad altri fenomeni di malaffare come le stese, hanno portato il Presidente della Corte d’Appello di Napoli, Eugenio Forgillo, a paragonare la città alla violenza del Sud America. Accostamento molto criticato in primis dal Procuratore della Repubblica, Nicola Gratteri.

Rompere il legame politica-trasporti

Tuttavia, a certe realtà del Sud America si dovrebbe guardare non tanto per parallelismi con la criminalità, ma per la mobilità erogata in contesti difficilissimi (Medellín su tutte). Luoghi in cui si ha avuto il coraggio di pensare in modo diverso. Invece, quel che più colpisce nei rapporti di Legambiente è come questi, anno dopo anno, si somiglino. Lo dice la stessa associazione ambientalista in premessa: “Pendolaria 2024 fotografa una situazione statica del trasporto ferroviario in Italia”.

Viene dunque da pensare che sia il modello di gestione della mobilità a non funzionare, in Campania come altrove. Unico campo in cui dei lavoratori scioperano a scapito di altri lavoratori (copyright Marco Percoco, Università Bocconi), è un settore strettamente connesso alla politica in cui acriticamente si continuano a perpetuare le stesse logiche. Di recente, l’Autorità per la Concorrenza (AGCM) si è schierata contro l’assegnazione diretta ad ATAC dei servizi di Roma. E’ un cambio di prospettiva, una crepa nella diga del legame politica-sindacati-aziende di trasporto: spezzarlo è forse l’unico modo per non leggere ogni anno l’ennesimo, identico Pendolaria.

 

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