Camminare e vedere

Camminare e vedere. Una frase che andrebbe incisa in ogni ufficio pubblico e sgranata come un rosario da ogni politico. Camminare uscendo dai palazzi, dalle istituzioni, da dietro le cattedre. Vedere dal vivo i problemi quotidiani di una città, correggendoli con pazienza uno alla volta secondo il noto adagio attribuito a San Bernardo. Antonio Bassolino ne fece una filosofia laica, quel “passo dopo passo” che muoveva una giunta di rara concretezza. Luigi De Magistris si inventò “Sindaco di strada”, rovesciando una situazione politica in quel momento a lui sfavorevole – ma purtroppo incidendo poco nel governo della cosa pubblica. Ne ho parlato giovedì 29 maggio 2025 sulle pagine del Corriere del Mezzogiorno.

Il lavoro di Aldo Capasso e di altri in mostra

Camminare e vedere” è anche il titolo di un libro, di uno studio, di una visione di comunità urbana. Una pietra angolare della storia recente dell’architettura napoletana firmata da Aldo Capasso, pubblicata nel 1989 nella collana Studi sul Mezzogiorno. Pedonalizzazioni, mobilità dolce, spazi restituiti ai cittadini: concetti oggi comuni ma che all’epoca sembravano fantascienza. Fra quelle pagine si anticipò perfino l’idea di metrò dell’arte sulla scorta di quanto già avveniva in città come Stoccolma, e che avrebbe fatto capolino negli uffici del Comune soltanto diversi anni dopo.

In questi giorni si è tornati a ragionare sul camminare e vedere nell’esposizione “I luoghi dell’abitare disvelati”, con immagini di Antonio Biasucci e Antonio Niego che con i loro lavori hanno accompagnato lo sviluppo della pedonalità in città fin dalle prime iniziative di “Napoli a piedi” nell’ormai lontanissimo 1978. La piccola mostra, conclusasi domenica 4 maggio nella “Stanza dell’arte”, spazio espositivo dello stesso Capasso in via Caccavello 59, è stata anche l’occasione per ripensare la zona circostante, San Martino, presa d’assalto da turisti durante questo periodo di “ponti” festivi.

Il potenziale inespresso di San Martino

Un comprensorio di grandissima bellezza ma dal potenziale ancora inespresso. A partire dai musei nazionali che vi insistono: Castel Sant’Elmo e la Certosa. Due entità distinte, che invece dovrebbero lavorare in sinergia come immaginato dall’ex Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano con il polo unico dei musei del Vomero, di cui dopo mesi di inspiegabile stop è stato finalmente nominato un Direttore (seppur ad interim), Luigi Gallo. A lui il difficile compito di un rilancio che tarda a concretizzarsi soprattutto a livello infrastrutturale della Certosa che andrebbe reso un museo del XXI secolo, sperando ne venga aperto anche l’ultimo livello dei giardini: una splendida terrazza che guarda il golfo ma inaccessibile da anni.

Come ancora là da venire sono i temi di competenza della Regione Campania: un pericolante muro di contenimento che insiste sul piazzale panoramico, orribilmente “impacchettato” da anni con tanto di stemma regionale in bella vista – ma quanto tempo ci potrà mai volere per rifare un muro? Poi, un parco che dovrebbe sorgere in zona: durante le ultime elezioni regionali ci fu un sopralluogo ovviamente a favore di social. Si parlò di fondi stanziati, lavori quasi pronti a partire: dopo cinque anni, non si è mossa letteralmente una foglia. Idea che probabilmente sarà rispolverata ancora una volta in campagna elettorale, nonostante se ne parli da vent’anni.

Trasporti e pedonalità per rilanciare il comprensorio

Più o meno lo stesso tempo impiegato per discutere sulla quarta fermata della funicolare di Montesanto a servizio diretto del polo museale e che, con una doppia uscita, metterebbe in comunicazione San Martino con viale Raffaello, rompendo l’isolamento spaziale di quest’ultimo e connettendo migliaia di cittadini in pochi minuti con le linee flegree EAV e la metropolitana Linea 2 di Trenitalia. Una vera rivoluzione della mobilità. La fermata, su cui il Comune di Napoli pare stia finalmente andando avanti, aiuterebbe l’istituzione di una ZTL nella zona, necessaria ad arginare il traffico che stritola un comprensorio fragilissimo e pertanto richiesta a gran voce da comitati di cittadini – per ora inascoltati.

Pedonalità, verde, trasporti pubblici: ci sono tutti i componenti immaginati già quasi quarant’anni fa da Capasso e da tanti promotori di città più gentili, amiche delle persone. Un’utopia che in altre città d’Italia, dalle “zone 30” di Bologna alle “strade scolastiche” di Roma, si sta provando a realizzare, mentre in tanti luoghi d’Europa è già realtà consolidata. Affinché queste lezioni arrivino a Napoli è però necessario, per l’appunto, camminare e vedere. Lasciando da parte auto e motorini, usati in primis dai componenti della giunta e del consiglio comunale, e consumare le suole, alzando lo sguardo e aprendo la mente. Quante cose sulle quali poi verrebbe spontaneo attivarsi per concretamente cambiare. Utopia, o realtà? Forse solo politica, nella sua essenza.

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