Più trasporto per contrastare marginalità e criminalità

La visita del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Casal di Principe per la Giornata in memoria delle vittime innocenti delle mafie è stato un fortissimo segnale verso un territorio che, in anni non lontani, ha vissuto una pericolosa solitudine. Se è vero che nessun uomo è un’isola, è parimenti vero che nessuna comunità può sopravvivere a lungo contro il malaffare se resta chiusa in sé stessa. Ne ho parlato martedì 28 marzo 2023 sulle pagine del Corriere del Mezzogiorno.

La marginalità come brodo di coltura per la criminalità

La prima voce per il contrasto alla criminalità è infatti l’istruzione, che rappresenta una finestra sul mondo – oltre ai necessari presidi di pubblica sicurezza. Tuttavia, in realtà complesse come quelle odierne bisogna guardare a uno scenario più ampio per contrastare la marginalità che fa da brodo di coltura per la nascita delle mafie. Emerge un tratto comune in tutti i luoghi segnati da questa piaga: isolati, difficilmente accessibili, lontani da tutto anche quando posti nel cuore delle città.

Una risposta può e deve essere il trasporto pubblico. La necessità di rendere le città più larghe, dunque meno classiste. Del resto, se oggi si parla con stupore di una facoltà universitaria a Scampia, nella patria di Gomorra, è perché trent’anni fa si programmò di fare arrivare proprio lì, all’ombra delle temibili Vele, ben due linee di metropolitana: una verso il centro (la Linea 1) e una dall’immensa periferia del basso casertano (quella per Aversa). Attivando così anche un processo di riqualificazione del patrimonio immobiliare, come fotografa una delle poche ricerche disponibili sul tema (Pagliara e Papa, 2011).

La difficile situazione di Napoli e provincia

La totalità delle linee su ferro della provincia di Napoli attraversano territori di grande difficoltà economica e sociale, in cui si sommano la densità abitativa più alta d’Occidente con il PIL pro-capite più basso d’Italia dopo Calabria e Sicilia, fra i più bassi d’Europa. Un mix esplosivo che porta alla chiusura di orizzonti soprattutto per i più giovani, sfociando spesso in problemi di ordine pubblico e rendendo il trasporto collettivo meno attrattivo poiché poco sicuro. Sullo sfondo, servizi scadenti, stazioni abbandonate, treni fatiscenti. Perfetto esempio della nota teoria sociologica della finestra rotta: il degrado chiama altro degrado.

Il caso napoletano, al contrario di quanto si pensi, non è però unico, e per risolverlo è necessario guardare altrove. Le ferrovie suburbane di Parigi e Londra attraversano sterminate periferie ben poco sicure, note per le rivolte di qualche anno fa che ne hanno incendiato le notti. La risposta di entrambe le capitali è stato varare grandi progetti infrastrutturali (il Grand Paris e la Elizabeth Line) per ridisegnare il rapporto centro-periferia. Il tutto con stazioni già oggi inaccessibili ai malintenzionati per svolgere un servizio in sicurezza. Oltreoceano, l’esemplare caso di Medellín. Dopo la fine della narcoguerra contro Pablo Escobar, si decise di rompere l’isolazionismo che aveva trasformato quartieri come la popolosa Comuna 13 (una favelas di 100.000 abitanti) in fortini della criminalità. Realizzando una rete di funivie urbane che portano ogni giorno decine di migliaia di persone verso la metropolitana, interconnessa a sua volta con BRT e tram. Un’idea di sistema integrato che, vista da Napoli, sembra lontana come la luna.

Qualche proposta per il futuro

Il trasporto pubblico aumenta la coesione sociale e spaziale delle città, e tanto si potrebbe fare ancora in città e provincia. In ordine sparso, si pensi ai 50.000 cittadini di Pianura che potrebbero essere collegati dalla metropolitana Linea 6 (sperando non si fermi a Bagnoli), all’area est che eternamente attende un riscatto anche attraverso la mobilità, a Giugliano che non ha una stazione ferroviaria degna di tal nome, o alla stessa Casal di Principe: perché non portarci la metropolitana da Aversa, il cui prolungamento è ancora lettera morta? Si dirà: per tutto questo non ci sono le risorse. Trovarle però dipende da che idea di politica e di società si ha. Al pari di una scuola o di un commissariato, una stazione aperta, funzionante, ben tenuta, è un simbolo. Segno che lo Stato c’è, per prendere un treno che porti a un futuro migliore.

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